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CAMPOBASSO _ In uno Stato che ha un prodotto interno lordo annuo di 1.600 miliardi, con 800 miliardi di spesa pubblica e 2 mila miliardi di debito, è stucchevole assistere a polemiche sterili sulla Festa Nazionale. Non c’è un francese che non sia orgoglioso del 14 luglio, un americano che non festeggi l’indipendenza dagli inglesi il 4 luglio o un tedesco che non celebri la riunificazione della Germania il 3 ottobre. All’estero ci guardano divertiti sia il 25 aprile quando in troppi disertano la liberazione e sia il 2 giugno quando si riesce a litigare anche sulle macerie del terremoto. Eppure la crisi dell’euro è dietro l’angolo, la Spagna non ha i soldi per salvare le sue banche, la Grecia tornerà alle urne e la Merkel continua a opporsi agli Eurobond o a qualsiasi altra forma di integrazione delle politiche creditizie che potrebbero rilanciare la crescita ed evitare l’avvitamento dell’Europa in una spirale tra recessione, tagli e austerità.

In un contesto simile aperto ad ogni ulteriore peggioramento, il vaso di coccio molisano oscilla tra un vuoto di classe dirigente, una fase istituzionale incerta e una crisi di valori che porta a diatribe personalistiche, contrasti di potere e veementi scambi d’accusa nel ristretto nucleo delle famiglie che dominano la regione da sempre. Non si riesce a fare sintesi sulle principali emergenze del territorio, non ci si unisce nei confronti del Governo nemmeno quando non riconosce alle imprese molisane gli stessi diritti a compensare i crediti previsti per le altre regioni italiane, ogni argomento viene utilizzato per spaccare e dividere in un cupio dissolvi degno del peggior muoia Sansone con tutti i Filistei. La classe dirigente locale scherza col fuoco, ignora i pericoli di una fase in cui in Vaticano dominano i corvi, il calcio cessa di essere lo sport nazionale per evolvere in scandalo indegno, nelle banche si è alla resa dei conti, la mafia rialza la testa e la violenza torna a seminare stragi e lutti, da Brindisi al dirigente dell’Ansaldo di Genova. La questione morale non tocca solo i partiti, ma c’è un degrado etico generalizzato nella società che non risparmia nessun ambito, settore o territorio, da Nord a Sud, e dai gioiellieri che dichiarano 15 mila euro annui fino ai centri estetici che si fermano a 6.500. Con tante emergenze che assillano il Molise, occorrono toni bassi, responsabilità, approfondimento dei problemi e ricerca di soluzioni condivise su materie complesse, senza illudersi che con quattro slogan mal coniati si offre una prospettiva strategica alla Regione.

Se si tornerà al voto in Italia ad aprile 2013, il Governo Monti, sostenuto dall’anomala maggioranza UDC-PD-PDL, resterà a Palazzo Chigi per altri 11 mesi, e di fatto sarà il principale interlocutore istituzionale del Molise per risolvere le nostre vertenze. L’approccio verso il Governo Nazionale non può vederci perennemente divisi tra centrodestra e centrosinistra, altrimenti a pagarne le conseguenze sarà la comunità regionale. E’ chiaro che se da Campobasso giungono a Roma segnali opposti che rispondono più a logiche elettorali che a posizioni responsabili, il Consiglio dei Ministri avrà una ragione in più per non accogliere le nostre istanze. E al di là se fino ad ottobre governerà il centrodestra, e se da novembre in poi, gli subentrerà il centrosinistra, è opportuno che su materie di assoluto rilievo per l’economia regionale si faccia quadrato nell’esclusivo interesse del mondo del lavoro e delle imprese locali. Con il tifo da stadio, il discredito, le urla degli untori e le faziosità non si andrà lontano. Si prenda esempio dalla classe dirigente del dopoguerra o di quella degli anni settanta, che pur in clima da guerra fredda, che era una cosa seria, o nel pieno dello scontro politico nazionale più duro, seppe ritrovarsi sulle principali direttrici della nostra modernizzazione.

Michele Petraroia

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