TERMOLI _ Stiamo dibattendo un tema fondamentale, marcatamente poliedrico perchè coinvolge tutta una serie di settori della nostra società: l’economia, l’ambiente, la salute, la crescita socio-culturale e, quindi, il mondo dell’istruzione, a partire dalle scuole primarie per arrivare all’università e al mondo della ricerca; tante tappe necessarie a disegnare un modello di sviluppo, certo e affidabile, sia per noi ma soprattutto per i nostri figli e per le generazioni future.Il mondo dell’energia è stato per tanti anni quello nel quale mi sono cimentato sia professionalmente sia, soprattutto, per sensibilità e passione. L’ho lasciato qualche anno fa per interessarmi di un altro tema altrettanto fondamentale: l’acqua; in realtà la filosofia che sottende l’acqua e l’energia è la stessa: sono due meravigliosi doni che ci sono stati fatti dal Signore perché li utilizzassimo in maniera corretta, rispettosa e nello stesso tempo proficua; utili, irrinunciabili strumenti per uno sviluppo sostenibile, capace di coniugare il progresso e lo sviluppo delle attività del consorzio umano con la tutela della salute e la salvaguardia dell’ambiente.

Da un anno sono tornato nel mondo dell’energia, da pochi giorni sono tornato in Consiglio Comunale, e trovo che sia per me uno straordinario segnale dover affrontare tra i primi significativi temi della mia attività di amministratore pubblico quello di cui oggi si dibatte; un tema profondo, difficile, di grossa rilevanza e, quindi, di grande impatto.Siamo chiamati ad esprimerci sulla paventata realizzazione di un impianto nucleare sul territorio comunale; pare che in un ipotetico piano di caratterizzazione e di scelta di possibili siti nucleari sia presente l’indicazione di Termoli. Non ho conoscenza di un simile documento ma ricordo bene che agli inizi degli anni 70 il CIPE individuò nella nostra Regione il sito per la realizzazione di un grande impianto termo-elettro-nucleare che rientrava nel programma costruttivo dell’ENEL: era la centrale “Molise V” che doveva sorgere in agro di Campomarino sul torrente Saccione, costituita da due unità, ciascuna della potenza elettrica garantita di circa 950 Mw (una potenza rilevante se riferita a quei tempi). Probabilmente ci si è riferiti a tale indicazione.
Peraltro il Ministro per lo S.E. On. Scajola, in una nota di agenzia adnkronos del 20.03.2009, ha affermato che ”Entro l’anno definiremo i criteri che devono essere seguiti nella scelta dei siti delle centrali nucleari e poi saranno le imprese energetiche a proporre le localita’ piu’ adeguate, secondo un procedimento autorizzativo che garantisce il pieno coinvolgimento degli enti locali e la piena trasparenza e informazione delle popolazioni”.A mio avviso un eventuale piano dei siti dovrebbe riconsiderare, per ovvie e consolidate ragioni tecniche, i territori che già hanno ospitato impianti nucleari (quelli realizzati e poi disattivati dal referendum del 1987 – cioè Latina, Trino, Garigliano, Caorso – o bloccati in corso d’opera, come Montalto di Castro). Resta, comunque, il fatto che le istituzioni e il mondo politico, insieme ai cittadini, devono riflettere su una eventualità del genere ed esprimere una propria posizione chiara. Poiché probabilmente ciò che interessa chi ascolta me, così come gli altri consiglieri, è sapere se sono favorevole o contrario alla installazione di una centrale nucleare sul territorio termolese ovvero del Basso Molise, allora voglio subito rispondere che non sono favorevole; detto così e basta, sarebbe troppo semplicistico, quasi un comodo slogan, peraltro riduttivo rispetto ad un dovere civico e, per quanto personalmente mi riguarda, poco rispettoso della mia natura e della mia storia.
Mi sia perciò concesso di illustrare, con alcuni passaggi, quali valutazioni mi hanno portato a questo convincimento. Io credo che vadano scisse tra loro la lettura degli indirizzi e delle scelte della politica energetica italiana, in uno con gli indirizzi europei  (dell’Europa dei 25) e mondiali, e la posizione che dobbiamo assumere in merito alla paventata realizzazione di un impianto nucleare a Termoli. Confondere o cercare di collegare a tutti i costi le due cose, non è proponibile e sottende o una scarsa conoscenza o una inutile strumentalizzazione, atteso che il nostro obiettivo è uno solo: scongiurare che in Molise si faccia l’impianto. E allora parliamo di politica energetica italiana: lo scenario italiano, e non da oggi, non è dei migliori.
L’Italia non è dotata di materie prime energetiche e, in base a dati riferiti al 31.12.2007, ha  una dipendenza dall’estero dell’86 %, valore che tende al 95 % nel 2020; su quale stabilità politica ed economica possiamo dunque fare affidamento per l’oggi e, soprattutto, per il domani? La bolletta energetica pesa per 60 miliardi di euro e rende negativa la nostra bilancia commerciale. Tutto il sistema produttivo elettrico, specialmente in settori che sono grossi assorbitori di energia, sta pagando gli elevati costi di produzione di energia elettrica dovuti ad un mix elettrico particolare (nella produzione di energia elettrica sono utilizzati: 55 % gas, solo il 14 % di carbone, 11 % petrolio, 14 % fonti idroelettriche e niente nucleare); le fonti rinnovabili, oltre l’idroelettrica, hanno, purtroppo, ancora un ruolo residuale, nonostante la politica delle tariffe incentivanti, e subiscono forti condizionamenti da opposizioni ambientali.  

Il bilancio elettrico nazionale anno 2007 evidenzia cifre che devono farci riflettere:- il  sistema elettrico ha richiesto 340 TWh di cui 48 TWh da IAFR (compreso idro) e 292 da fonti tradizionali + import- le perdite di rete assommano a 21 TWh- i consumi sono stati pari a 319 TWh- importiamo dall’estero circa 46 TWh (il 14 % c.a.) – oltre il 70 % di energia elettrica (240 TWh) è da fonte termica tradizionale con conseguente notevole produzione di CO2 (giova ricordare che nel mondo il 40 % di CO2 deriva dalla produzione di e.e.: circa 10 miliardi di tonn/anno). Appare fin troppo evidente che il sistema elettrico italiano è molto vulnerabile e ciò incide negativamente sulla credibilità e sulla stabilità del nostro sistema di scambi economici con l’estero. Ben diverso è il mix elettrico in altri paesi.Europa dei 25: 21 % gas, 32 % carbone, 30 % nucleare, 4 % prodotti petroliferi, 10 % idro, 3% fonti rinnovabili (oltre idro)Mondo: 17 % gas, 39 % carbone, 15 % nucleare, 7 % prodotti petroliferi, 17 % idro, 5 % fonti rinnovabili (oltre idro) ed altre.Ciò significa che negli altri paesi il sistema produttivo elettrico è più stabile, protetto da condizionamenti geo-politici e da fattori decisori esterni incontrollabili e imprevedibili e garantisce costi finali inferiori a quelli italiani, con buona pace per la competitività dei prodotti italiani, soprattutto quelli per i quali il “costo energetico di produzione” incide in maniera significativa al parti di altri (quale materia prima, manodopera, oneri diversi, ecc…) Un importante indicatore macroeconomico “l’intensità energetica” conferma, peraltro, l’attuale debolezza del sistema produttivo del nostro paese; “l’intensità energetica”  misura l’energia primaria o elettrica consumata per ogni euro di PIL nazionale. L’Italia, fino alla fine degli anni 90, aveva fatto segnare valori dell’intensità energetica finale (ed elettrica) più bassi della media dei Paesi dell’UE, avvicinandosi solo recentemente a tali valori; alcuni Paesi del Nord Europa (Danimarca, Germania, Svezia, Finlandia, GB) hanno diminuito notevolmente le loro intensità energetiche.
Il confronto con la situazione europea mostra un’Italia che sta progressivamente riducendo il beneficio iniziale derivatele da valori contenuti dell’ intensità energetica; negli ultimi anni, purtroppo – e di questo bisogna preoccuparsi – il nostro paese non riesce a seguire il passo della maggior parte dei Paesi europei che, pur in presenza di una maggiore crescita economica, hanno ridotto notevolmente le loro intensità energetiche.  Bastano queste brevi considerazioni (ma tantissime altre potrei portare all’attenzione di questa assemblea) per capire che il sistema energetico elettrico italiano non può andare avanti di questo passo; va rimodulato il mix produttivo per allinearlo a quello dei paesi dell’Europa dei 25, con il forte auspicio di promuovere, con adeguate misure finanziare, quella che è sempre stata e resta la principale fonte energetica: il risparmio. Nell’ottica citata, una programmazione energetica realistica  non può non considerare anche l’opzione nucleare, in uno con le altre azioni strategiche.La politica energetica italiana va in questa direzione.

Il Ministro per lo S.E. Scajola ha dato un forte impulso alla diversificazione delle fonti energetiche per la produzione di e.e., disegnando un importante ruolo futuro sia per il nucleare dolce sia per le energie rinnovabili, dalle quali il paese dovrà attendersi un significativo contributo al proprio bilancio elettrico, per allineare il mix elettrico italiano a quello europeo. E’ senz’altro condivisibile questa politica energetica perché riesce a coniugare l’opzione nucleare alla promozione delle energie rinnovabili, al rafforzamento e alla stabilità del sistema produttivo elettrico e al rispetto del protocollo di Kyoto (20-20-20), attraverso la riduzione di impiego di combustibili fossili tradizionali con conseguente riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera.
E’ importante acquisire la consapevolezza su due grandi temi energetici:
1) lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia (FER) rappresenta un obiettievo di policy fortemente coerente con gli obiettivi di diversificazione e sicurezza degli approvvigionamenti e delle riduzioni delle emissioni di gas serra
2) le motivazioni che stanno alla base del rinnovato interesse per l’opzione elettronucleare, possono essere ricondotte essenzialmente:- alla sua sostanziale indipendenza dal costo della materia prima. In presenza di un costo del petrolio e del gas particolarmente elevati e fuori controllo, l’investimento nel nucleare ha il vantaggio di un costo del combustibile pari a circa il 5 %, anche se è assai impegnativo l’investimento sull’impianto (2.000-3.000 euro/Kw);- alla necessità di garantire una produzione elettrica di base “carbon free”. Ciò è tanto più importante se si considera che c’è una parte del consumo di petrolio che è sostanzialmente incomprimibile ed è quella generata dal settore trasporti.In sintesi: possiamo affermare che la transizione ad un’economia più solida e competitiva, più sicura negli approvvigionamenti ed in linea con le indicazioni di riduzione delle emissioni di gas serra, necessita di innovazione e l’innovazione richiede cambiamento nell’assetto energetico del Paese. Il cambiamento a sua volta necessita di un clima di fiducia tra le istituzioni e gli attori sociali ed economici. L’indeterminatezza delle politiche energetiche e dei compiti istituzionali, unite ad un livello ancora insufficiente dell’informazione e, soprattutto, della comunicazione, sono elementi che rendono difficile l’instaurarsi di un clima di fiducia indispensabile per l’accettabilità del cambiamento. La definizione di linee guida per il sistema energetico nazionale rappresenta, quindi,  un’occasione irrinunciabile per completare i nodi dei processi decisionali che oggi mostrano evidenti intoppi.
Volgiamo ora la nostra attenzione alla paventata installazione di un impianto termo-elettro-nucleare nella Regione Molise, sul territorio di Termoli.Come già anticipato, pur nella condivisione di una politica energetica nazionale  improntata alla diversificazione delle fonti energetiche per la produzione di e.e.  e alla definizione di un nuovo mix produttivo elettrico che sia in linea con l’Europa, si vuole qui affermare la convinta inopportunità di pensare, oggi, ad una possibile allocazione di un impianto  termo-elettro-nucleare sul nostro territorio.Non si pensi ad un atteggiamento da sindrome da NIMBY (Not in My Back Yard); non vuole essere questa una cieca opposizione tout court nè rifiuto di solidarietà verso il resto del nostro Paese.Il popolo molisano ha da sempre mostrato un doveroso e grande senso di solidarietà nei confronti  delle altre Regioni, specie quelle limitrofe; valga come esempio significativo (uno tra i tanti) l’acqua che Regioni come Puglia e Campania hanno potuto attingere dal nostro sistema idrico potabile e agricolo in tanti anni, anche allorquando la siccità ha rischiato di mettere in ginocchio la popolazione molisana e l’intera economia regionale. Il Molise, e con esso il territorio termolese, ha ancora margini di sviluppo, nonostante tutto; può fare ciò grazie alla forza e alla capacità della sua gente e alle condizioni ambientali non compromesse.Si deve, pertanto, puntare il più possibile ad uno sviluppo sostenibile; costruire un modello di sviluppo a dimensione umana, adeguato alle peculiarità del territorio.Termoli ha poi una ricchezza insostituibile: la sua posizione geografica strategica, sul mare e sulle principali direttrici di comunicazione; la sua economia turistica e commerciale ha grandi margini di crescita, in uno con quella del settore produttivo e delle tecnologie avanzate.Un simile modello di sviluppo non può, però, conciliarsi in alcun modo con la installazione di un impianto nucleare; e non per una posizione ideologica e preconcetta ma per oggettive multiformi ragioni.Per quanto attiene la produzione di e.e. giova ricordare che il territorio di Termoli accoglie già impianti termici – convenzionali e a biomassa – per una potenza complessiva superiore a 1000 MW; 1000 MW è il taglio di potenza di una unità nucleare di ultima generazione.
Solo tre osservazioni:- L’allocazione di un impianto nucleare, a ridosso di altri impianti produttivi, creerebbe una innegabile situazione di sovrapposizione degli effetti (biologici, termici, effetti cosiddetti intuibili a lungo termine), con negative ricadute sul territorio e sul suo habitat, che colpiscono gli abitanti nei loro interessi sia economici che ricreativi, in quella che dagli autori anglosassoni è stata definita “quality of life”.- Oltre agli impianti citati, insistono sul territorio infrastrutture strategiche che rappresentano possibili bersagli sensibili, esposti ad azioni dell’uomo, rappresentati dai sabotaggi, e della natura, rappresentati  dai fenomeni naturali catastrofici (terremoti, inondazioni, maremoti, ecc); è opportuno, quindi, accrescere un rischio già preesistente?  –    La fascia costiera è la zona più densamente popolata.Anche qui mi preme ricordare alcuni dati ufficiali (io utilizzo sempre e solo a dati ufficiali).Sempre riferendomi all’anno 2007  emerge che:- Il Molise ha prodotto 5.376,1 GWh e ha consumato solo 1.604,4 GWh- Il Molise, pertanto, presenta un “esubero della produzione di e.e. rispetto alla richiesta” pari al 235,1 % (tra le 9 Regione con esuberi è quella con la percentuale maggiore, l’unica a 3 cifre)- Particolare non irrilevante è che ci sono altre 11 Regioni con  “deficit della produzione rispetto alla richiesta” cioè Regioni che producono meno di quanto consumano- E’ sintomatico che tra queste figurano Regioni ricche del Nord quali il Piemonte (- 32,1 %), la Lombardia (- 26,3 %), il Veneto (- 45,6 %), con buona pace per i rilievi mossi dai  Padani alle Regioni del Sud.-  Addirittura la Campania presenta un deficit del 60 %; mi viene da pensare che tale Regione avrebbe potuto attuare la valorizzazione energetica dei suoi rifiuti, trasformando in utilità e ricchezza un problema che è stato risolto anche grazie, ancora una volta, ai molisani.
Anche sotto tale profilo non avrebbe, pertanto, senso pensare ad ulteriori impianti termoelettrici, sia convenzionali che nucleari. Si devono sviluppare, invece, nella nostra Regione le fonti rinnovabili, il cui impiego non solo appare in linea con la politica nazionale ma è compatibile con il nostro modello di sviluppo.

Ad oggi tali fonti sono quasi assenti sul nostro territorio; la stessa legge regionale n. 15 del 21.05.2008, di disciplina del fotovoltaico e dell’eolico, è stata osservata dal Governo perché in fondo ne limita la diffusione e lo sviluppo. Ma il nostro territorio è pronto ad utilizzare anche altre fonti rinnovabili, quale le biomasse agricole, che rappresentano una opportunità di reddito per il mondo dell’agricoltura.

Risparmio energetico, miglioramento dell’efficienza energetica e massivo impiego delle fonti rinnovabili: questa è la strada maestra che il nostro territorio deve seguire nelle scelte di politica energetica
; così facendo si otterranno benefici per i termolesi, per i molisani e per la nostra nazione.In conclusione, se di diversificazione di fonti si deve parlare nella programmazione energetica italiana, altrettanto si può e si deve parlare di diversificazione nella caratterizzazione e nella individuazione dei siti nucleari.In questa ottica ed in coerenza con le mie riflessioni appena svolte, vanno ricercate le motivazioni del mio NO all’insediamento di un impianto termo-elettro-nucleare nel nostro territorio.

il consigliere comunale
ing. Antonio Malerba
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