«Sono pronto a ricredermi ma penso che le cose siano andate così».
TunnelMacte
Tecnici al Dibattito Pubblico voluto dal Comune di Termoli
TERMOLI –
 La prima proposta sul tunnel era una immagine basata solo su soluzioni tecnologiche. L’apparente neutralità del progetto rivela, un po’ alla volta, caratteri molto diversi perché si scopre che dietro al progetto di riorganizzazione del traffico c’è dell’altro. Il progetto si allarga a macchia d’olio su una vasta superficie (e nel sottosuolo) della città con accordi che non sembrano del tutto favorevoli alla comunità termolese quanto piuttosto all’imprenditorialità privata. La concezione privatistica della risorsa urbanistica e architettonica (sempre maggior peso hanno le idee dell’impresa) rischia di provocare la formazione di interessi che un po’ alla volta risulteranno prevalenti.

I progettisti non me ne vogliano. Quando un tecnico, d’accordo con il committente, fa un progetto privato non è criticabile ma quando il progetto è “pubblico” non può sottrarsi alle critiche dei destinatari (e in fondo, pagatori) del progetto. L’osservazione del progetto, strumentalmente “addolcito” perfino nella terminologia (tunnel è diventato il meno allarmante passante), suggerisce alcune osservazioni:
 
A. Il progetto non è basato su alcuna valutazione preventiva. Non è mai stato documentato con dati alla mano che il tunnel serva davvero. E’ molto probabile che il tunnel sarà un nuovo potente attrattore di traffico.
B. Lo scavo insiste su una area delicata dal punto di vista strutturale e ambientale. La stagione dei grandi parcheggi e dei tunnel urbani è finita da un bel pezzo. Le tendenze più attuali della pianificazione urbana prevedono piuttosto la riorganizzazione delle periferie e l’alleggerimento dei centri ricorrendo a parcheggi esterni e penetrazioni con mezzi leggeri di superficie.
C. La valutazione dello scavo del tunnel è stata fatta considerando soltanto i metri cubi di materiali da portare via e i metri cubi di calcestruzzo da utilizzare ignorando alcuni aspetti che non sono per niente marginali: l’imboccatura occidentale della canna aperta al maestrale (effetto fucile ad aria compressa), i rumori amplificati delle auto quando saranno in coda nel tunnel, la necessità di smaltire lo smog che le auto provocheranno, presenza di edifici costruiti su terreni di riporto con fondazioni quasi superficiali, l’impatto ambientale che il rendering addolcisce dietro macchie di vegetazione, una imponente massa costruita fuori terra, la presenza di un centro storico alla cui immagine non faranno un buon servizio muraglioni in calcestruzzo e griglie che ricordano i cammini di ronda di Alcatraz. 
D. Le valutazioni dei flussi di traffico non tengono conto degli studi finora autorevolmente fatti ma sono “piegate” alle esigenze del progetto. Tanto che è stato avviato un nuovo studio che viene dopo il progetto e che, molto probabilmente, lo legittimerà. 
E. Le soluzioni progettuali previste per le piazze esterne e i volumi fuori terra rappresentano modelli urbanistici e architettonici vecchi e, comunque, più consoni all’arredamento di un villaggio turistico (efficacemente definito “non luogo” da Marc Augé) che a una città pluristratificata e con i suoi caratteri che avrebbe bisogno di piccoli, sapienti e rispettosi  correttivi. Si propone, invece, una riprogettazione estesa ed estraniante. L’idea di avere una delle più vaste aree pedonali non significa assolutamente niente perché non contano i metri quadrati pedonali per vivere meglio la città. L’Italia è caratterizzata da piazzette che sono l’elemento connettivo di mille attività e non spianate da primato. In architettura è un concetto acquisito (e collaudato da una vasta casistica anche in Italia) che diversi elementi piccoli di qualità possono sviluppare un più grande elemento di qualità mentre da un progetto grande, anche nel caso fosse di qualità, molto più difficilmente possano derivare piccoli elementi di qualità. Non è un bel segnale, per esempio, se sul corso i bar hanno dovuto mettere le fioriere e le transenne per rendere “umani” gli spazi.
F. Un termine molto utilizzato è “restyling”. Questo termine va usato più correttamente quando si cambia l’arredamento e non è invece adatto per questo progetto faraonico che non rinnova la carta da parati ma trasforma pesantemente e in maniera irreversibile un pezzo di città impedendo uno sviluppo più organico e umano. E l’umanità dello spazio urbano non è dato certo da quanti posti macchina ci sono in centro.

Potremmo continuare con altre questioni (sorvolo sul rischio archeologico e altre cosucce fastidiose). I problemi tecnici, per quanto impegnativi, possono comunque trovare soluzione: costerà tutto di più, certo, ma questo farà la gioia di qualcuno.

G. Il tunnel sembra, in realtà, un pretesto: il comodo imbocco per il garage (privato) e per le altre installazioni commerciali (private). Il prezzo della compensazione risulta molto pesante per la città che si troverà ad essere espropriata di un’area potenzialmente verde a vantaggio di negozi e appartamenti privati. Di pubblico resteranno soltanto i costi di manutenzione.
H. I tempi vantaggiosi per l’imprenditorialità privata sono talmente lunghi da costituire un capestro per la città e per le amministrazioni che si succederanno.
I. Una vasta parte della cittadinanza ha chiesto di essere ammessa a esprimere un proprio parere sul progetto ma gli è stato negato adducendo motivazioni pretestuose facendo saltare una importante forma di democrazia diretta. 
J. Il rifiuto al referendum ha, di fatto, annullato la possibilità di una reale collaborazione con l’amministrazione da parte della cittadinanza lasciando il progetto nelle mani di un ristretto gruppo di decisione.
K. La città avrebbe bisogno di una forte spinta verso l’educazione al vivere civile e non solo nuovi bar con tavolini all’aperto. La maturazione civile faciliterebbe, oltretutto, la “gestione del quotidiano” che a Termoli pare presentare qualche problema. 
L. Il progetto, se realizzato, legittimerà il “metodo” e darà il via ad altri progetti dello stesso carattere perché basterà che un privato metta a disposizione dei soldi per fare quello che più gli converrà lasciando alla città un campetto con giostrine o un paio di aiuole. 
M. Danni, piccoli ma pur sempre dannosi, saranno provocati  da chi vorrà approfittare del clima che accompagnerà il cantiere per dare qualche aggiustatina al proprio immobile con interventi difficilmente controllabili, in attesa di un nuovo condono. La “microcrescita silenziosa” della città sarebbe un capitolo molto ricco da scrivere nella storia termolese.

Sono pronto a ricredermi ma penso che le cose andranno a finire così. Il progetto andrà avanti perché l’impresa ci ha messo dei soldi (qualcosa l’ha già spesa, si dice) e perché l’amministrazione ci ha messo la faccia. Ho paura che il progetto andrà avanti e che si svilupperà come nella migliore tradizione italiana con continui aggiustamenti e adattamenti che non saranno certo a vantaggio della comunità termolese. Una parte delle idee verrà realizzata con una certa celerità, altre andranno più lentamente ma saranno comunque una bella occasione per tagli di nastri. La città scoprirà che il salto verso il futuro non ci sarà stato, anzi. Tra quelli che resteranno delusi ci saranno anche i giovani tecnici che nelle ricadute di questo progetto avevano riposto molte speranze. Anche quelli potenzialmente molto bravi, purtroppo.

Termoli è nota per essere una città scarsamente impegnata, una città che sopporta qualunque cosa e si accontenta di poco. Il progetto tunnel, però, forse è riuscito a dare una inedita smossa a una parte della città che si sta rivelando meno passiva e più interessata alle cose che la riguardano. Pronta a collaborare per realizzare i progetti buoni ma fermamente contraria ai progetti cattivi. Alla testardaggine di una amministrazione che crede di portare avanti un progetto vantaggioso (ma davvero ci crede?) per la comunità proprio questa comunità sta rispondendo con una cosa che è nuova: sta reagendo e si sta opponendo pur con i pochi mezzi democratici che ha a disposizione.

Luigi Marino

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