LARINO _ Il convergere di due eventi paralleli, che si incontrano e si supportano all’interno del problema delle carceri italiane, ha rappresentato l’oggetto della conferenza promossa a Larino dal Centro di Servizio per il Volontariato “il Melograno”, venerdì scorso 29 ottobre. Da una parte, l’avvio del percorso attuativo del Protocollo d’intesa firmato nel mese di marzo tra Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria di Abruzzo e Molise e CSV “il Melograno, Acesvo di Campobasso e Conferenza Interregionale Volontariato Giustizia di Abruzzo Molise. Dall’altro, l’uscita del libro “Di giustizia e non di vendetta” firmato dal giornalista Livio Ferrari, fondatore e primo Presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia.

Al centro del dibattito, che ha registrato anche la partecipazione del dr. Anna Maria Di Nunzio, Direttore dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna di Campobasso, il dramma umano e civile rappresentato dal sovraffollamento degli istituti di pena, dove – bastino i dati ministeriali che parlano del solo il 16% dei detenuti incarcerati per reati gravi e del 50% in attesa di giudizio, di cui il 20% non verrà mai condannato – i diritti fondamentali dell’uomo, la funzione rieducativa della pena e la tutela della società restano, troppo spesso, delle semplici dichiarazioni di principio. A fronte di un illogico giustizialismo, che nutrendosi di luoghi comuni, aumenta solo il conflitto sociale. Impegnato da tempo lungo il difficile percorso della partecipazione della comunità esterna e del volontariato in particolare, all’azione rieducativa ed al reinserimento sociale del reo, il CSV “il Melograno”, attraverso la sottoscrizione del Protocollo di Intesa, lo scorso 15 marzo a Pescara, ha condiviso e dato seguito agli obiettivi che impegnano il volontariato molisano e abruzzese lungo il cammino dell’applicazione delle norme in materia di “misure alternative alla pena detentiva”.

Accordo teso a realizzare una proficua e continuativa collaborazione – sullo specifico tema dell’esecuzione penale esterna – tra sistema carcerario e volontariato. Riconoscendo l’importanza di quest’ultimo, come ha ricordato il Direttore dell’Uepe Anna Maria di Nunzio, tanto nel percorso riabilitativo dei soggetti che scontano la pena in misura alternativa alla detenzione, quanto nella promozione della cultura della legalità. “Non si tratta di buonismo o di non voler far scontare la pena detentiva a chi ha commesso reati gravi – ha sgombrato subito il campo Livio Ferrari, all’inizio del suo intervento – ma di aprire gli occhi della società su una situazione emergenziale di cui nessuno parla. In primis la politica, che non la considera un fertile terreno elettorale”. Prova ne sia la legge Bossi/Fini sull’immigrazione che ha portato in carcere circa tredicimila stranieri, non perché abbiamo fatto qualcosa di male, ma perché non posseggono un pezzo di carta, il permesso di soggiorno. Oppure la legge Giovanardi sugli stupefacenti, che colpisce non i grandi trafficanti di droga, ma persone, più spesso ragazzi, che già provengono da situazioni familiari e sociali terribili o addirittura inconsapevoli del grave rischio che corrono, in una società oramai schizofrenica, dove l’unico colpevole è colui che “viene beccato”.

“La verità, è che non vogliamo più aiutare chi ha problemi non certo risolvibili con la detenzione e siamo arrivati al paradosso che oggi, in carcere, ci sono le persone più fragili – ha continuato Ferrari – enfatizzando l’idea di una esecuzione penale soltanto vendicativa, che altro non fa se non confermare l’insicurezza e la miopia della società moderna”. Perché, sempre citando i dati del Ministero degli Interni, il numero dei reati più gravi sono quelli perpetrati tra le mura domestiche, eppure “siamo convinti che ci sia una maggiore sicurezza con le carceri che scoppiano, sicuri che lì dentro si risolvano tutti i problemi della società”. Ma se “è vero che tanta gente in carcere non ci dovrebbe stare, è altrettanto vero che c’è tanta criminalità agguerrita, consapevole di voler restare tale perché attratta dalla possibilità di poter fare subito tanti soldi, senza sacrificarsi nel lavoro”, è intervenuto nel corso del dibattito conclusivo il Direttore della Casa Circondariale di Larino, Rosa La Ginestra, istituto da anni precursore di percorsi di recupero incentrati sulle misure alternative alla detenzione e percorsi lavoro. Ed addirittura, per effetto di un cortocircuito sociale che porta a disinteressarsi delle persone affette da problemi psichici e comportamentali, queste possono essere seguite meglio in carcere che fuori. Perché almeno “dentro” c’è qualcuno che le ascolta. Mentre “fuori” resta il deserto sociale.

E allora? Allora il punto resta sempre lo stesso: la sicurezza si fa recuperando le persone, colpendole nel momento dello sbaglio, ma anche dando loro una nuova opportunità per reinserirsi nella società. Magari insegnando loro un lavoro ed il valore ed il sacrificio di questo (come ad esempio nei casi di ragazzi che sono stati abbagliati dalla possibilità di far “soldi facili” con un po’ di spaccio), non impedendogli addirittura la possibilità di lavorare nel caso di fedina penale sporca. Ed il libro di Livio Ferrari “Di giustizia e non di vendetta” vuole offrire uno spaccato “in presa diretta”, direttamente dalle voci dei detenuti, delle condizioni disumane in cui si vive in tante carceri italiane, ma anche un terreno dove, non solo il volontariato, una società consapevole può tracciare un solco di speranza per recuperare e così migliorare, chi ha sbagliato e, in definitiva se stessa.

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