ROMA _ “L’inserimento della medicina di genere come approccio innovativo ai percorsi di prevenzione, diagnosi e cura nell’attività di ricerca potrà portare ad un più efficace ritorno nell’investimento sulla salute e, quindi, un migliore utilizzo delle risorse umane ed economiche nel contesto del servizio sanitario”. E’ quanto dichiarato dalla Parlamentare molisana del Pdl Sabrina De Camillis alla Camera dei Deputati dove ha presentato la mozione al Governo Monti sulla Medicina di Genere.

La Deputata è coordinatrice dell’intergruppo a Montecitorio della Medicina di Genere, la scienza che studia le differenze e le somiglianze tra uomo e donna dal punto di vista biologico e funzionale, ma anche i comportamenti psicologici e culturali che traggono le loro origini dalle tradizioni etniche, religiose, educative e sociali. “Ad esempio, la malattia cardiovascolare, considerata da sempre una malattia più frequente nell’uomo, in realtà è il killer numero uno per la donna tra i quarantaquattro e i cinquantanove anni. Eppure, esiste ancora la tendenza a sottovalutare l’approccio ai problemi cardiovascolari delle donne. Questo approccio può, però, deviare verso una medicina di genere femminile, e non è questo quello a cui ci riferiamo. In effetti, la medicina di genere è chiamata a togliere disuguaglianze di studio e di attenzione, ma non a costruire una medicina femminile, o, addirittura, con aree professionali di colore rosa _ ha proseguito la De Camillis _. Di recente, inoltre, ci si è accorti di significative differenze nell’insorgenza, nello sviluppo, nell’andamento e nella prognosi delle malattie. Gli organi e gli apparati che sembrano presentare più differenze di genere sono il sistema cardiovascolare, quello nervoso e quello immunitario.

Mi fa piacere, in questa sede, fare riferimento ad una serie di progetti di ricerca che vi sono in questo ambito. Uno è condotto dal centro di ricerca dell’università Cattolica di Campobasso ed è una delle prime iniziative che indaga sul sistema cardiovascolare, tenendo conto di una popolazione rappresentativa, con il 50 per cento di uomini e il 50 per cento di donne, cercando di confrontare quali sono le influenze dell’uno e dell’altro sesso che portano poi a patologie cardiovascolari. È un meccanismo, un full up, numericamente consistente – sono indagate 24.600 persone, tra uomini e donne – che sta portando a risultati encomiabili. Con la mozione chiediamo al Governo: di promuovere la ricerca sanitaria su popolazioni diversificate per genere e con parametri di valutazione migliori nella sperimentazione farmacologica e nella ricerca di fattori di rischio, con il concorso degli enti vigilati dal Ministero della salute, come l’Istituto superiore di sanità, l’Aifa, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di enti di ricerca, università e aziende sanitarie; di istituire, in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità, un osservatorio nazionale per la medicina di genere che possa raccogliere, coordinare e trasferire dati epidemiologici e clinici, al fine di assicurare il raggiungimento dell’equità nell’esigibilità del diritto alla salute; di promuovere incentivi fiscali per la ricerca nell’ambito della medicina di genere. In particolare però, chiediamo al Governo di inserire all’interno della programmazione nazionale sanitaria, tra gli obiettivi del piano sanitario nazionale, la medicina di genere.

È pertanto necessario creare un collegamento tra tutti gli scienziati ed i medici che operano nel settore della prevenzione, delle cure primarie e secondarie e della riabilitazione, focalizzando l’attenzione sulle differenze biologiche, fisiologiche e patologiche tra donne e uomini; sostenere i ricercatori, i medici, le istituzioni ed i singoli individui, al fine di identificare i problemi di assistenza sanitaria e tutelare la salute sia delle donne sia degli uomini; migliorare il background culturale (l’aggiornamento professionale, la formazione degli esperti in medicina di genere); promuovere l’introduzione delle tematiche di genere nei programmi di entrambe le istituzioni, pubbliche e governative; sviluppare alleanze con centri di ricerca, società scientifiche, ospedali ed università; raggiungere un livello sempre maggiore di medicina personalizzata; educare il pubblico sulle differenze di genere in ambito dei bisogni sanitari. L’integrazione tra università, aziende ospedaliere, territorio e società scientifiche ed anche con il mondo del lavoro, sono essenziali per costruire i percorsi di genere adeguati alle necessità riconosciute da tutti. Quanto ho rappresentato non è una filosofia, ma un chiaro indirizzo per il migliore utilizzo delle risorse umane e materiali a favore del cittadino.

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