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COLLETORTO _ “La parabola del buon Samaritano conduce soprattutto a due importanti chiarificazioni. Mentre il concetto di prossimo era riferito, fino ad allora, essenzialmente ai connazionali e agli stranieri che si erano stanziati nella terra d’Israele e quindi alla comunità solidale di un paese e di un popolo, adesso questo limite viene abolito. Chiunque ha bisogno di me e io posso aiutarlo, è il mio prossimo. Il concetto di prossimo viene universalizzato e rimane tuttavia concreto. Nonostante la sua estensione a tutti gli uomini, non si riduce all’espressione di un amore generico ed astratto, in se stesso poco impegnativo, ma richiede il mio impegno pratico qui ed ora. Rimane compito della Chiesa interpretare sempre di nuovo questo collegamento tra lontananza e vicinanza in vista della vita pratica dei suoi membri”.

Così papa Benedetto XVI ha valuto rilanciare l’impegno della Chiesa nel ri-leggere la parabola del buon samaritano quale sentiero per arrivare all’amore di Dio. L’enciclica Deus caritas est (2005) ha il suo perno nel Dio amore, Amore che non si ferma all’astratezza del concetto o dell’idea, anzi, al contrario, è l’Amore di Dio che aiuta l’uomo ad oltrepassare egoismi e individualismi di sorta. Un maestro della legge chiede a Gesù: cosa devo fare per ereditare la vita eterna? Al tempo di Gesù era comune questa domanda: cosa fare per avere l’eternità, la felicità nella vita presente come in quella futura, così si cercavano risposte più o meno sagge per avvicinarsi al concetto di eternità.

Il salmo 84 dice che l’uomo felice, beato, è colui che può abitare la casa di Dio. Oggi, purtroppo non parliamo più di vita eterna, al contrario, più che preoccuparci della vita facciamo di tutto per distruggerla, comprometterla, a volte dimenticandoci del dono della vita in sé. Nella parabola lucana la Chiesa è “costretta” a rileggere e ri-vedere la storia del Dio amore, del Cristo crocifisso e risorto che si china sulle ferite dell’uomo. Le ferite dell’uomo sono profonde, incavate dentro la coscienza, l’agire e il pensare, esse hanno bisogno di con-passione per essere sanate. Sì, nella parabola del buon samaritano Gesù ci vuole portare a capire che l’unica medicina per sanare quelle ferite profonde e mortali è proprio il volto di Dio Amore, è l’Amore stesso che ci trasforma in veri e credibili samaritani dell’oggi.

La chiesa non ha bisogno di share, di propaganda, di pubblicità dei samaritani, ha bisogno di uomini e donne che si sappiano con-segnare all’Amore che cambia la vita, vince il male e ri-dona all’uomo fiducia e speranza. La parabola del Samaritano ci interpella, quasi quasi ci condanna e ci verifica. Di poveri cristi ne vediamo tutti i giorni, di quelli veri come di professione che cercano soldi per le strade delle nostre città, così fa discutere l’ordinanza dell’amministrazione della città di Termoli che vuole che questi poveri non esistano più, che la comunità cristiana deve far finta della loro invisibilità, respingerli come meri invasori è troppo riduttivo, come riduttivo sarebbe l’agire cristiano in tal senso. Come discepoli di Gesù Cristo non possiamo aver paura di Amare, del resto il vangelo di oggi lo dice in modo chiaro: se vuoi essere mio discepolo fatti prossimo dell’altro che manifesta o chiede aiuto.

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