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P. Marinucci (Foto C.L.Smoke)
P. Marinucci (Foto C.L.Smoke)
SAN DOMINO _ Al porto di Termoli, fra molte persone, lavora e vive da parecchi anni un personaggio straordinario la cui umanità schietta ed essenziale non può rimanere invisibile all’osservatore attento. Pasqualino Marinucci si è adoperato per tutta un’epoca, fino all’inizio di quest’anno, come capo degli ormeggiatori. Pur essendo stato posto in pensione per raggiunti limiti di età, è rimasto alacre protagonista della vita marinara intorno al Gargano. Egli continua tuttora ad occuparsi di altre attività che ha costituito nel tempo con meticoloso zelo: l’Autoparcheggio del Porto, la biglietteria della Navigazione e un’agenzia di Viaggi. Ma ciò che forma il particolare cemento di tutti i suoi interessi è quella visione del mondo tesa ad abbracciare l’umanità, proprio come il mare. Una prerogativa che ne fa il punto di riferimento essenziale per molta gente, in primo luogo per i membri della piccola comunità che popola le Isole Tremiti. In caso di bisogno lui è sempre disponibile, gratis et amore Dei, a prestare la propria collaborazione alle famiglie o alle singole individualità isolane.
In effetti, alle Tremiti Pasqualino è divenuto un punto di riferimento indispensabile nell’emergenza come pure nella gestione straordinaria di rilevanti questioni. Si può affermare a pieno titolo che fra i residenti del piccolo arcipelago non esista ormai persona esente dal pensiero di ricorrere eventualmente, in caso di bisogno, a questa splendida opportunità. Una provvista di viveri, un oggetto qualsiasi, un apparecchio, un pezzo di ricambio non reperibile in loco può essere procurato sulla terraferma e quindi, con l’aiuto di Pasqualino, affidato a un marinaio del primo natante in partenza per consegnarlo al singolo interessato. In particolari emergenze, anche un particolare farmaco arriverà tempestivamente a San Domino, nel caso non risultasse disponibile sull’arcipelago. Infatti non è facile reperire tutte le specialità nell’unica farmacia rimasta dopo lo smantellamento avvenuto di quella comunale che si trovava nell’isola di San Nicola.

L’esercizio farmaceutico è cessato da qualche anno e il relativo locale che l’ospitava è terminato (attraverso un curioso giro) a Lucio Dalla, nella speranza che il cantante vi costituisse la sede di una fondazione culturale. Dopo averne osservato a lungo il serio impegno e la costante disponibilità nei confronti dei tremitesi, ho voluto incontrare Pasqualino all’Isola di San Domino, riconoscendo subito che non avrei potuto procedere alla breve intervista programmata secondo la modalità convenzionale che segue il filo delle singole repliche a una serie di domande predisposte. Più che la storia della sua vita, gli episodi salienti, aneddoti talvolta singolari, mi ha colpito l’intuizione di confrontarmi apertamente con un personaggio che sorprende per quella schietta semplicità capace di polarizzare una forte carica magnetica. Dal singolare incontro, ho ricavato anche la dimostrazione spontanea dell’antico principio enunciato da Epitteto: “Ciò che turba la mente degli uomini non sono le cose, ma le opinioni che essi hanno delle cose stesse”.

In questo concetto è rilevabile forse la motivazione delle diversità mentali fra parecchi soggetti, anche quelli che vivono a poca distanza gli uni dagli altri su terre diverse, sia pure bagnate dal medesimo mare. Mentre per gli uni quell’ambiente si configura come un’estensione meravigliosa che apre la visione all’immenso, per gli altri può addirittura ridursi a una gabbia ristretta che sottrae spazio alla ragione. E’ sorprendente constatare la popolarità del personaggio nell’intera area del gargano. Tutti lo conoscono, lo amano, vorrebbero averlo soltanto per sé: una forma di gelosia morbosa simile in fondo all’istinto che spesso affligge anche le menti primitive. Ma lui non può essere proprietà di alcuno, perché già appartiene all’umanità, come la positività che lo anima. Mi piace parlare di Pasqualino Marinucci perché ne condivido i sentimenti.

Dedico un’adesione profonda non tanto alle sue parole semplici, che tutti conoscono, quanto alla ricchezza del suo essere intrinseco, il punto essenziale da cui può nascere, attraverso la saggezza, una preziosa forma di felicità. Nella sede riservata che abbiamo scelto di comune accordo per isolarlo dalle reiterate manifestazioni di trasporto affettivo, Pasqualino ha potuto sviscerare parecchi particolari della propria vita di ormeggiatore, marinaio instancabile, lavoratore poliedrico senza orari e senza limiti per la fatica. Sempre attaccato a quelle due “sedi” rappresentate con incalzare continuo nel suo intimo: il Porto di Termoli da un lato e gli attracchi delle Isole Tremiti dall’altro. I singoli fatti che ne colorano la storia sono di pubblico dominio lungo la costa molisana e attraverso il mare garganico. Credo anzi che egli personalmente stenti a ricordarli proprio tutti: ne sanno forse molto di più i numerosi testimoni della sua epopea.

Non faccio più l’ormeggiatore, ma continuo ad occuparmi della biglietteria, inoltre gestisco l’Autoparcheggio del Porto e quindi ho l’agenzia viaggi (la casetta di legno con la scritta “Di Brino Viaggi”).

Così Pasqualino sintetizza la propria condizione attuale.

Riguardo all’ultima delle attività elencate, iniziai a esercitarla sul finire degli anni ’50, subito dopo l’arrivo sulle Isole Tremiti del Touring Club Italiano. Fu proprio quell’avvento a caratterizzare un autentico cambiamento epocale per il traffico turistico, la navigazione, l’economia stessa della nostra zona, con il massiccio afflusso costante di frequentatori provenienti da tutte le regioni. Con loro lavoravo parecchio. L’Associazione aveva organizzato a Cala degli Inglesi un campeggio sociale, evolutosi poi negli anni fino all’attuale dimensione del Villaggio. Era diretto inizialmente da un ex ammiraglio della Marina. Più tardi, all’inizio degli anni ’80, arrivò un generale dei Carabinieri in pensione. Personaggi memorabili, dalla spiccata personalità. Avevo il mio bel da fare ad organizzare i viaggi di tutta quella gente. Piano piano, nel corso degli anni, anche l’imprenditorialità alberghiera degli isolani prese ad incrementarsi di pari passo con la notorietà dei luoghi. Il fenomeno avviò una profonda metamorfosi dell’intero assetto socioeconomico tremitese.

Ma come si è costituito quello che mi pare opportuno definire il suo affettuoso rapporto con gli abitanti delle Tremiti? – Non ricordo neppure un momento peculiare per la nascita di quel sentimento. Con tutti gli isolani ho sempre intrattenuto un vicendevole rapporto di grande umanità. E poi la maggior parte di essi trascorre parecchi mesi dell’anno a Termoli, che ha imparato ad ospitarli come veri fratelli, senza pregiudiziali di alcun genere.

Quali episodi della sua lunga carriera marinara le sono rimasti maggiormente impressi o, in altri termini, giudica particolarmente memorabili?
– Non posso dimenticare certo quella tremenda mareggiata che, nel novembre di trentacinque anni fa, affondò sette barche da pesca nel porto di Termoli. Personalmente, con l’aiuto di un amico, mi attivai al fine di recuperare i natanti riconducendoli a galla. Allora non si trovavano sul luogo professionisti esperti d’immersione o palombari, per cui reputai giusto prestare la mia esperienza in aiuto agli sfortunati che avevano perduto le proprie barche. Alla fine riuscii perfettamente nell’operazione, impegnativa e molto faticosa, con la sola ricompensa della soddisfazione per la solidale impresa felicemente conclusa.

Un’altra volta, all’incirca dieci anni addietro, mi capitò di essere presente a una terribile disgrazia occorsa a bordo della motonave San Domino. Ne fu vittima il nostromo, mentre stava illustrando ai marinai il funzionamento di un verricello che si trovava a poppa; appoggiandosi all’apparecchio, teneva la mano destra aggrappata ad un foro proprio sotto il braccio di sollevamento, quando uno scatto imprevisto provocò l’abbassamento improvviso del pistone che venne ad amputargli di netto le tre dita centrali. Il raccapriccio provocato dalla scena truculenta fu così grande che i marinai fuggirono inorriditi. Rimasi soltanto io a soccorrere il malcapitato portandolo subito al Pronto Soccorso dell’Ospedale.

Tanti sono gli episodi che potrei raccontare, ma tutti, al Porto e dintorni, li conoscono. Ciò che di prezioso mi resta e maggiormente m’interessa è piuttosto la consapevolezza di aver trascorso i miei anni nel rispetto della vita e della dignità di tutti, di aver vissuto con cielo e mare sempre negli occhi, e l’umano trasporto dell’animo, non disgiunto dalla tristezza per non essere riuscito talvolta ad evitare il male.

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5 Commenti

  1. senti chi parla
    Come tante persone altre di Termoli che vengono alle Tremiti per far soldi. Forse ti ho visto spesso bigliettare i turisti sia a Termoli che alle Tremiti. Lo fai per soddisfazione personale? Tra te e lui c’è una sostanziale differenza :lui è un signore !Non so quanti ti telefonano perchè hanno bisogno di te!
    E anche tu hai avuto bisogno di lui per avere il biglietto scontato della nave.Ti brucia che lui ha ancora il potere sul porto?

  2. Pasqualino e anche i figli sono persone straordinarie li vedi correre da una parte all’altra del porto dalla mattina alla sera persone che lavorano 12 13 ore al giorno e oggi e’ difficile trovarle Salvatore lo vedi ormeggiare dopo un minuto al parcheggio poi in agenzia poi magari sta lavando una macchina per noleggiarla be’ tutto quello che Pasqualino si e’creato certo non e’ piovuto dal cielo..

  3. il lato oscuro della luna
    Gran bel disco e bella frase significativa.Occorre sempre conoscere anche il lato nascosto di tutto e di tutti perchè non sempre potrebbe essere bello e sincero come quello che appare…!