CAMPOBASSO _ Non si è discusso soltanto di concessioni demaniali marittime, ambiente, energia e infrastrutture nell’ultima riunione del coordinamento Affari europei delle assemblee legislative italiane, svoltasi la scorsa settimana a Roma. Il dibattito ha riguardato anche la recente decisione del Governo di impugnare il nuovo Statuto della Regione Molise.

“In Molise ha avuto una grande eco il provvedimento con cui il Consiglio dei Ministri ha sollevato un conflitto di costituzionalità riguardo il nuovo impianto statutario approvato in Consiglio regionale – ha affermato il consigliere regionale Francesco Di Falco, delegato dell’assemblea di Palazzo Moffa – contesto che mette a confronto proprio i 19 parlamentini regionali e le due Province autonome – ma come spesso succede, non per le motivazioni impugnate in sede referendaria da una parte dell’opposizione di centrosinistra. Nell’incontro capitolino abbiamo avuto modo di approfondire alcune tematiche, che in realtà hanno fatto emergere i veri punti di contrasto tra potestà di autoriforma e principi guida nazionali e comunitari.

In particolare, l’accento è stato posto sul comma 4 dell’articolo 30, dove le commissioni consiliari permanenti possono convocare, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza sull’andamento dell’ente, i funzionari della Regione e degli enti sub-regionali, prevedendo in sedute non pubbliche l’esonero dal segreto d’ufficio; predisposizione non contemplata né dalle competenze statutarie e anche dalla complessiva potestà legislativa delle Regioni. Inoltre, al comma 4 dell’articolo 53, non può essere equiparato il personale della Regione a quello degli altri enti pubblici non economici.

Infine, Palazzo Chigi pone un freno anche al comma 1 dell’articolo 67, in materia di rapporti della Regione Molise con l’Unione Europea, dove si disciplina che l’organo deputato alla fase ascendente dell’attività normativa europea è il Consiglio non la Giunta regionale. Tutte anomalie che potranno essere corrette, questo è l’auspicio, in un ulteriore passaggio in Consiglio regionale, dove la maggioranza potrà politicamente dare risposta anche agli elementi considerati ‘impopolari’ e forse approvati senza la dovuta illustrazione, base del referendum abrogativo indetto dalla minoranza consiliare”.

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