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Paolo Di Laura Frattura
TERMOLI _ Il candidato presidente della Regione Molise per il centro sinistra Paolo Di Laura Frattura risponde con un lungo documento ai quesiti lanciati dalla Lai, associazione di imprenditori di Termoli nei giorni scorsi.

Ritiene che il Cosib vada riformato? Se sì in che modo? Ci illustri nei dettagli il progetto. «La struttura dei Consorzi Industriali così come impostata con la legislazione sull’intervento straordinario nel Mezzogiorno non risponde più alle necessità delle aziende insediate. Con i costi di gestione che nel corso degli anni sono aumentati per rispondere alle logiche clientelari con le quali sono stati gestiti c’è bisogno di una loro rivisitazione in modo da attenuare la presenza “politica” e farli diventare centri che rendono servizi qualificati a costi inferiori a quelli di mercato. Per ottenere questo bisogna accorpare i tre Consorzi molisani in una unica struttura  che abbia come finalità quella della programmazione delle politiche di sviluppo, del marketing territoriale e della gestione urbanistica delle aree industriali. Questa struttura centrale deve, poi, coordinare tre società di servizi di natura prevalentemente privatistica che rendano servizi a tutte le aziende operanti nelle diverse aree industriali eliminando sovrapposizioni e costi superflui». 

Che idea di sviluppo ha del Basso-Molise e di Termoli in particolare?  «Termoli e il Basso Molise in genere si presentano, storicamente, come l’area suscettibile di maggiore sviluppo della nostra Regione. Non a caso la crescita del Molise ha coinciso con le fasi di sviluppo di questa area. Un riscatto economico e sociale della nostra terra non può che partire da qui. Qui abbiamo visto, naturalmente, integrarsi tutti i settori: agricoltura, pesca, industria, turismo, servizi, Questo perché esiste, qui, una vocazione imprenditoriale che nasce dalla possibilità di contatto con regioni mature da questo punto di vista e che oggi va adeguatamente valorizzata. La  politica regionale deve avere una attenzione particolare che deve tradursi in investimenti materiali e immateriali importanti in modo da render tutta l’area più competitiva rispetto ai territori delle regioni confinanti. E’ una sfida che va affrontata e vinta con l’obiettivo del futuro dell’intero Molise. L’idea di sviluppo integrato deve obbligare, però, il decisore pubblico ad una più attenta valorizzazione degli aspetti ambientali e di tutela delle vocazioni territoriali non più contaminata da una gestione diretta della politica che ha rappresentato un blocco alle possibilità di sviluppo dell’intera area. Termoli deve diventare l’emblema di un Molise caratterizzato da più impresa e meno politica».

Come intende rilanciare l’economia industriale, artigianale e commerciale dell’area suddetta? «Sotto alcuni aspetti la risposta l’ho data prima. Il rilancio dell’attività di impresa, in tutta la nostra regione, deve partire, necessariamente, da una riduzione drastica del peso della politica. Questa deve cessare di gestire anche le questioni domestiche dell’imprenditore e tornare solo alla funzione di programmazione delle linee di sviluppo dei vari settori. La piccola dimensione territoriale e demografica, nel corso degli anni, ha favorito una commistione tra la politica e l’economia che ha avuto come risultato un potenziamento della prima a tutto scapito delle attività di impresa. E’ una logica che va ribaltata. Meno politica, significa meno costi: meno costi deve significare meno imposte, soprattutto sulle imprese e sui lavoratori. Realizzata questa cornice si dà ai cittadini una indicazione chiara su quali devono essere le direttrici per lo sviluppo del territorio. E questo non può più contenere come elemento pregnante la presenza della politica. Con questa cornice va poi reimpostato il quadro delle misure di rilancio delle attività economiche. Ma se prima non si disincrosta la mente dei molisani dalla presenza della “politica”, mancherà sempre la giusta concentrazione per la valorizzazione del rischio, del merito, della responsabilità e, quindi, della necessità di competere. E il tutto, come ho detto, deve partire da Termoli, che è l’area a più alta vocazione imprenditoriale, ma è anche il territorio che è stato, colpevolmente, inquinato da una presenza ottundente della politica».

Che impegno può prendere rispetto al laboratorio analisi dell’Arpa di Termoli, che è stato depotenziato?  «Non conosco i motivi reali per i quali si è presa una decisione del genere. Per cui rischio una risposta non puntuale. Posso dire però, che se la decisione è da attribuire all’obiettivo di attenuare la necessità di mantenere sotto controllo la qualità ambientale dell’area, si tratta di un fatto da rivedere immediatamente e con la risolutezza del caso. Parto dal presupposto, infatti, che ogni ipotesi di sviluppo economico del Molise non può prescindere dalla salvaguardia dell’ambiente e dalla tutela del territorio. Rappresentano queste le due precondizioni per lo sviluppo della regione; anzi ritengo che siano due valori di competitività da salvaguardare ad ogni costo. Alle quali aggiungere altri elementi fondamentali ma ,mai rinunciare, neanche in parte, a questi. E comunque il rispetto della qualità ambientale  non può essere trattato sul piano dei costi da diminuire. E’ inaccettabile».

Ritiene che la FinMolise (la Finanziaria della regione, ndr) vada riformata? E in che modo? Come imposterà il rapporto della Regione con gli altri Confidi?  «Sono dell’opinione che in una regione così marginale per le attività di impresa una Finanziaria pubblica possa giocare un ruolo determinante per la crescita dell’economia. Chiaro, però, che questa non può essere trattata come un ente strumentale della regione. L’ho detto anche prima, la impresa si sviluppa nei contesti nei quali prevalgono le regole della competizione. La prima regola per un imprenditore è la sua libertà e la sua autonomia dalla politica. Quando il fornitore di credito o di finanza è politicizzato, tenderemo ad avere una imprenditoria sempre più asservita. Non libera! Dunque non in grado di competere! Se questo sillogismo è valido la Finmolise va rivoluzionata e,affrancata dalla presenza della politica. Va inquadrata all’interno dei servizi di qualità che il pubblico può rendere per compensare l’assenza di strutture private che svolgano queste funzioni in Regione. Penso quindi alla necessità di una Finanziaria che sia in grado di promuovere misure di finanza innovativa che spingano le aziende a processi di ristrutturazione e gli imprenditori ad accrescere la propria cultura di impresa. Una Finanziaria gestita da professionisti di provata esperienza che non operi nella logica di alimentare la clientela della politica. Una Finanziaria che sia in grado di promuovere e sviluppare la rete dei Confidi, strutture determinanti che però devono rimanere all’interno delle gestioni delle imprese e delle loro associazioni. I Confidi vanno potenziati: rappresentano gli elementi di lubrificazione di un rapporto che vede le pmi regionali in uno stato di debolezza inaccettabile nei confronti del sistema bancario. In questa logica la regione non deve gestire la finanza : non è il suo compito. Deve, però, accompagnare le imprese, di qualunque categoria, ad essere più forti e più preparate nella quotidiana necessità di interlocuzione con le banche».

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