Fioritura a San Domino (Foto C.L.Smoke)ISOLE TREMITI _ C’era una volta l’eden incontaminato di San Domino. Ne faceva parte un angolo di Paradiso dove i monaci dell’Abbazia si dedicavano alla coltivazione di erbaggi, piante aromatiche, alberi da frutto, e non solo. Poi, comandate da Almogavaro, sbarcarono le masnade corsare che imperversavano per il nostro mare. Fecero una carneficina generale dei poveri frati saccheggiando il monastero, quindi, carichi di ricchezze, salparono abbandonando il campo soddisfatti. Non si erano accorti, quei briganti, di lasciarsi alle spalle proprio la parte più sostanziosa, quel bene  pregiato che la confraternita religiosa aveva da sempre amato, curato, coltivato nella certezza di ritrovarvi la mano del Signore. Era la trasposizione divina della realtà celeste sulla Terra. Per questo i religiosi ne avevano identificato l’essenza come “Orto del Paradiso”.

Ma dietro i pirati allignava un maleficio infernale. Come Dio aveva inteso ricondurre un lembo paradisiaco sul territorio abitato dalle pie Confraternite, al modo stesso il re del male si prefiggeva di ricreare sul medesimo suolo una squallida dipendenza infernale. La si sarebbe potuta chiamare “Orto del Diavolo”.

Si tratta in fondo dell’eterno conflitto, un rapporto di lotta senza fine che vede assurgere il male ad antitesi del bene. Sono due realtà totalmente antagoniste, ma coesistenti al tempo stesso, tanto che l’una non potrebbe sussistere priva dell’altra. La via d’uscita non risiede nell’annientamento di una delle due, ma nella riaffermazione della ragione con il superamento del fascino ingannevole generato da realtà insostenibili, rese attrattive dalla promessa estremamente carezzevole di troppo facili ricchezze, dall’occultamento mendace di sicure conseguenze catastrofiche, di ripercussioni dal potere devastante.

Pescatore a San Domino (Foto C.L.Smoke)Debellare la minaccia si rivela dunque come percorso dell’intelletto perseguibile soltanto attraverso un cammino culturale. La cultura è nemica della politica intesa come intrigo, lotta per il potere, fonte di guadagni talvolta illeciti . Ed è naturale perché la politica stessa circola in una sfera del tutto avulsa dalle motivazioni etiche rintracciabili soltanto in una certa filosofia politica. Per tale ragione sono solito investire la cultura di un ruolo così determinante.

Si badi bene fra l’altro, la cultura stessa non è una risorsa elitaria, un bene circoscritto all’area di pochi cervelli eletti: nulla di più falso. Ritengo che la quasi totalità dei tremitesi possegga le capacità intellettive utili al raggiungimento di un’autosufficienza amministrativa. Essi comprendono appieno l’importanza di tale principio, avendone afferrato da lunga pezza il senso profondo. Un contesto sociale nel cui animo si conserva il pregio di straordinaria memoria storica, risulta naturalmente pervaso dal flusso fondamentale degli archetipi originari e per buona sorte intuisce la capacità nefasta di probabili tagliole mentali. Siamo sinceri, che differenza ci sarebbe fra gli avvelenamenti generati dal petrolio e gli effetti orrendi di una cementificazione “assassina” che si volesse operare all’interno di un ambiente naturale che tutto il mondo c’invidia per l’incanto meraviglioso?

Eppure sussiste il rischio concreto che alcuni  clan economici, supportati forse a livello politico, siano pronti a “conquistare” l’arcipelago, contando magari sul probabile appoggio sbrigativo d’ipotetici big della politica. Se nel recente passato qualche politico ha potuto sbandierare la possibilità di vendere ad “amico” africano una porzione dell’arcipelago, perché mai non dovremmo temere adesso il ripetersi di analoghe speculazioni, qualora imprecisati personaggi dovessero pervenire a posizioni di potere nelle Tremiti? La quotidianità denuncia un malcostume, imperversante in Italia dalla Lombardia alla Calabria, che ci conferma una presenza massiccia, nell’affollato teatro politico, di affaristi senza scrupoli che, attraverso le compiacenze di un potere non del tutto limpido, sarebbero pervenuti a conseguire posizioni di favore economicamente appetibili. Sarebbe un miracolo, un auspicabile dono di Dio se le Isole Tremiti si rivelassero immuni dal contagio di quell’orribile morbo. E appare tuttavia stupefacente vedere anomali protagonisti clamorosamente bocciati dalla politica stessa riproporsi con incurante sussiego alla scelta della cittadinanza, come nulla fosse accaduto.

Tremiti: figghiulett duu gabiano (Foto C.L.Smoke)Non voglio nemmeno pensare alle conseguenze nefaste di possibili colate di cemento, sia pure diligentemente preordinate a livello amministrativo, tendenti ad occupare il territorio tremitese senza particolare premura per la conservazione del clima, del paesaggio, del panorama struggente, come pure per ulteriori effetti di riflesso secondario penalizzanti per la flora, per svariate piante marine, per molte specie ittiche, alcune delle quali malate o addirittura in via d’estinzione. Senza voler considerare l’effetto paesaggistico, mi sembra risultare di lampante chiarezza come determinate “manovre” speculative interagiscano a totale distruzione dell’ambiente, concorrendo a creare condizioni di pesante penalizzazione per il clima. Per questo mi tormenta il presagio di un triste destino che procurerebbe angoscia straziante a tutti coloro che amano le Isole Tremiti. Essi dovrebbero assistere paralizzati da orrore impotente alla realizzazione di un piano altamente redditizio nell’ottica speculativa di pochissimi, ma di catastrofica penalizzazione per l’ambiente, in quanto priverebbe le Isole Tremiti del tesoro più grande, il fascino struggente di quella naturale purezza che è patrimonio inalienabile dell’umanità.

Occorre sempre qualche tempo per giungere ad un capovolgimento radicale di fondamenti primari dell’etica, della pace, della morale, soprattutto dell’assoluta purezza. Ma l’opportunismo politico ne possiede sempre in misura sufficiente e, quel che meglio gioca, può contare sull’apporto determinante dell’uomo, suo migliore alleato per giungere allo scopo, quando si accinge ad estrinsecare le proprie qualità più deteriori. La concezione filosofica di Friedrich Nietzsche indica bene a tale proposito il potere dirompente che l’individuo sa generare grazie alla propria volontà di potenza e alla capacità distruttiva, soprattutto se collegate a un istinto di avidità insaziabile. Ma oggi la violenza traspare molto meno, essendo più subdola, sotterranea, indossa l’abito di flanella sopra candide camicie rallegrate dai colori di chiassose cravatte, si fregia dell’effetto penetrante di troppo facili slogans.

A fronte della decadenza di tanti valori, viene da chiedersi che fine abbiano fatto i presupposti filosofici del vivere comune, della ricerca scientifica, né si rilevano tracce  dell’incanto fondamentale che racchiude in sè l’emozione della purezza, dell’armonia, del bello, dell’umanità.

Eppure in base all’osservazione di tracce rivelatrici tuttora emergenti possiamo arguire con certezza come la storia delle Isole Tremiti si sia sviluppata nei secoli quale proiezione consapevole di un retaggio consistente: il privilegio dell’eredità derivante dalla tradizione dell

a cultura ellenica. La filosofia greca è quella che ha formato i concetti. Tutte le altre culture presenti nel mondo antico si basavano quasi esclusivamente sulla forma mitologica. Inoltre l’Europa era la sola area geografica in cui si professasse la scienza matematica, altra forma di pensiero avulsa in assoluto dalla mentalità vigente nel resto del mondo, ed era combinata con il fascino della costruzione geometrica. Quest’ultima costituisce l’anima vera e propria della matematica stessa.

I greci sono stati precursori di Galileo, che ha rivoluzionato la scienza della costruzione. Sul pensiero di Galileo si fonda tutta la fisica moderna. In tal senso potrei affermare che gli antichi hanno riformato l’attività e l’energia dell’Europa. Non v’è dubbio che i greci siano stati  primi. I concetti sulla cui base si opera oggigiorno sono greci, oppure latini. Ma i latini sono più o meno la traduzione dei greci. Ecco perché sono convinto che la fantasia, l’apertura mentale, la visione del mondo dimostrate dalla parte più pregevole dei tremitesi costituiscano la forma vitale di un’emergente substrato culturale.

Allo stato attuale s’impone in effetti una semplice considerazione, quella che suggerisce come l’unica potenza in grado di soccorrere il buon diritto della comunità residente sulle Isole Tremiti sia da individuarsi in una nuova forma di supremazia: la sovranità della cultura, la medesima forza che ha potuto, nel tempo, unificare l’Europa.

Faro di San Domino (Foto C.L.Smoke)

Con l’avvento della gestione straordinaria impersonata dalla figura di Carmela Palumbo, nel Comune Isole Tremiti si è avviata una fase che poteva essere determinante. Ma ora, con la consultazione elettorale pressoché imminente, l’animo dei residenti che fidavano in una particolare condizione innovativa prende ad essere pervaso da un incipiente senso di  sfiducia. Le priorità fondamentali su cui si contava di vigilare con severità – l’ambiente, il clima, il supporto sociale per le fasce deboli – rimangono una preoccupazione sopraffatta dall’arrivismo. Per il bene comune, la base popolare della comunità isolana si augurerebbe l’affermazione di uno spirito limpido e onesto, una donna oppure un uomo determinati contro ingiusti privilegi, famiglie dominanti, potentati, speculazioni selvagge. Se le persone teoricamente capaci di operare nel senso auspicato esistono, sembrano per contro mancare i voti necessari. La frammentazione delle compagini contendenti è un perfetto alleato dei “soliti noti” ormai sicuri di buona omologazione del proprio potere, in omaggio alla risaputa strategia del gattopardo.

Esiste in effetti una possibilità residua di cambiamento radicale: le due liste che perseguono il netto superamento della vec

chia nomenclatura dovrebbero incontrarsi per confluire in una sola forza. Mi rendo conto che le distanze da annullare sono sensibili, ma tuttavia non incolmabili. Allo stato attuale, le singole compagini suddette appaiono ben consapevoli dell’effetto negativo che si profila per la loro solitaria contesa elettorale. Allora entrambe decidano di rinunciare a qualcosa per organizzare un disegno comune. Appare innegabile come qualche sacrificio – piccolo o grande che debba essere – sia senz’altro preferibile all’effetto desolante di una clamorosa débacle su tutta la linea. L’accordo conciliante si profilerebbe comunque quale luminosa vittoria della ragione. Ritengo quanto mai opportuno, se hanno a cuore il bene comune, che provino una nuova via del dialogo, insieme per la sopravvivenza. Il resto si vedrà.

Mi si consenta di aggiungere un’ultima riflessione. Se consideriamo la vita misera dei più indigenti, comprenderemo bene come la salvezza autentica risieda proprio nell’accostarsi a Dio, comunque ciascuno di noi l’intenda. La filosofia del tedesco Ludwig Feuerbach individua chiaramente il concetto divino quale proiezione delle nostre aspirazioni, degli ideali, delle migliori speranze. Questo avviene in tutte le religioni del mondo.

In tale spirito, mi rivolgo dunque alla purezza del diletto popolo tremitese, per invitarlo a superare ogni paura. Nessuno deve temere l’eventuale tracotanza presuntuosa di chi si crede onnipotente, tanto da voler condizionare la libera scelta degli elettori. Non scoraggiatevi per la temporanea supremazia di chiunque. E’ un’affermazione precaria. Solo gli onesti risulteranno alla fin fine più forti, perché sorretti dalla forza di una coscienza limpida. Condividiamo pertanto l’intenzione di operare in semplicità e rettitudine lungo il cammino esistenziale mirato a raggiungere ogni giusto desiderio, nella certezza che, se portiamo Dio nel nostro mondo, otterremo l’appagamento di tutto. In ultima analisi conta proprio lasciar entrare l’essenza divina. Non dimentichiamo infatti che Dio risiede là, dove gli si permette di entrare. Ma gli si può consentire la presenza soltanto nel luogo in cui ci si trova realmente, all’interno del proprio vivere autentico. Allora facciamolo entrare.

Consideriamo con attenzione la nostra realtà e operiamo di conseguenza. Solo così potremo riconoscere di aver lasciato entrare Dio.

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4 Commenti

  1. i gatti e le volpi
    bravissima fata come ti amo…..li hai messi belli in riga rimasti di stucco…..peccato ke non siamo nella fiaba, non farai miracoli come la fatina di pinokkio….. impossibile levare istinti affamati a belve rabbiose ke dopo digiuno troppo lungo…..mangiano molto molto molto molto molto molto molto di più

  2. Tutti e’ poltròn ppe l’abbuffàt
    Te capisc professo’. Pure io tengo appaùra e’ truova’ e’ intoccabil ad accupa’ tutti e’ poltròn a tavula ppe na’ grande abbuffàt e carica’ o’ cùnto a’ natura. Essi nun si sazierànn maje pecché l’appetit vien mangiand.
    Gennariell’

  3. Alla ricerca degli anni perduti
    Ma dove sono andate tutte le promesse di cambiamento di cui si è parlato sempre da moltissimo tempo? Anche l’Associazione Pro loco con le illusioni di progresso per le attività turistiche sono morte da piccole appena nate.
    E noi giovani di una volta? Noi poveri ragazzi di belle speranze! Oggi ci troviamo ad avere vent’anni di più ormai con le rughe degli adulti e per dimenticare il dolore delle delusioni subite ancora ci riuniamo in nuove associazioni per parlare di cambiamento che non c’è o di novità vecchissime.
    Cosa faremo adesso? Intanto i prepotenti spacconi se la ridono. Mamma mia!
    una ex teenager