TERMOLI _ Libertà di voto, voto in libertà, voto di libertà, espressioni sentite molte, troppe volte, agitate come slogans, alzate come bandiere. La libertà di voto è e deve essere sempre garantita, il voto va espresso in piena e consapevole libertà, anzi esso esprime la libertà democratica del singolo cittadino. Si aggiunga che la logica della gratuità è l’intima natura della libertà; ciò comporta che l’atto libero non è gravato da debiti né avanza crediti. Ma si è veramente liberi quando si esprime il proprio voto? Se si parte dall’adagio che non esiste una libertà assoluta, una libertà sciolta da ogni forma di vincolo, che l’uomo di per sé in ogni suo gesto presupposto libero, maschera più o meno inconsapevolmente qualche forma di condizionamento, allora bisognerà convenire che anche il semplicissimo gesto di un voto non è frutto dell’assoluta decisione della volontà dell’elettore. Tutti lo sanno ma si fa fatica a riconoscerlo.

I condizionamenti sono tanti e di varia natura; si va dall’amicizia personale, al di là degli schieramenti partitici o politici che nelle elezioni locali passano sempre in second’ordine, ai rapporti di parentela. Certo, nelle elezioni comunali si è più attenti all’immondizia sotto casa, alle buche nell’asfalto, al parcheggio comodo e sicuro, alla pulizia, e cose concrete visibili, che colpiscono quando si esce di casa la mattina; nel qual caso ci si lascia convincere dal candidato del condominio, dal vicino di casa o dal collega di lavoro che dice di aver trovato la soluzione. Questo stile è molto diffuso, trasversale, non risparmia probabilmente nessuno.

Ci sono motivi di convenienza che spingono a scegliere un candidato piuttosto che un altro, convenienza economica soprattutto e questo è elemento fortemente inquinante per una vera democrazia. Purtroppo il bisogno di lavoro, specie per le nuove generazioni, per i disoccupati e per chi il lavoro lo ha perso, è una grande obiezione alla libertà di voto; il diritto al lavoro per tutti è essenziale in una democrazia che pretende di essere compiuta, come il diritto ad un voto libero. Lavoro, voto, libertà: così il cerchio si stringe. Si vota tizio perché ci è stata promessa una ‘ricompensa’, si vota caio perché si spera che ci consenta di raggiungere un scopo, come un avanzamento di carriera, la realizzazione di un progetto personale, si vota sempronio forse anche perché si teme di perdere qualche vantaggio, qualche posizione di prestigio, qualche modesto appalto; ma non si può dimenticare che ad ogni favore fatto e ricevuto corrisponde una ingiustizia ai danni di qualcuno che forse aveva uguali diritti.

Clientelismi e favoritismi sono una brutta piaga, difficile da guarire. In certe province tristemente famose il voto spesso è uno scambio e le elezioni un grande mercato dove si trova accanto alla buona merce anche della merce taroccata. Dov’è la libertà in tutto questo? Questa è la libertà della democrazia? Qualche dubbio ci resta. Ma si poi veramente liberi, consapevoli della propria dignità di persone che non si piegano a forme di ricatto più o meno striscianti? Naturalmente qui il bene comune va a farsi benedire, il senso dei diritti della collettività, della solidarietà e dell’attenzione alle urgenze che riguardano tutti diventano aleatori, parole al vento che tutti sanno pronunciare perché provocano applausi da ogni parte ma che restano sullo sfondo, secondarie rispetto ai veri interessi che sono quelli personali, privati ed egoistici. Può venire il sospetto che anche qualche candidato abbia accettato di prestare la sua faccia e il suo impegno, di dare il suo contributo probabilmente perché gli è stata fatta qualche promessa, o perché deve sdebitarsi per qualche vantaggio acquisito. Tra quanti si sono proposti e quanti sono stati optati, da questo punto di vista non c’è molta differenza. Invochiamo e auspichiamo da ogni parte moralità della e nella politica ma pare che di strada ne dobbiamo ancora fare.

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2 Commenti

  1. troviamo un rimedio alla situazione
    E se si evitasse o meglio si togliesse il diritto di voto ai disoccupati (visto che non producono), eppoi ai precari ai cococo ai cocopro, insomma ai “bisognosi” e ricattabili , probabilmente gli altri: “i forti”, forti del loro voto continuerebbero a fare leggi a proprio favore, oppure i “medi” potrebbero dare una valenza piu’ democratica al loro voto, visto che sono medi e che quindi non sono forti e medi sono e tali rimarranno in eterno, in tal modo i forti col tempo si “rimedierebbero” pure loro (che parolona nascosta uno deve trovare per stuzzicare l’attenzione della gente!)
    don marce’ tu si che mi capisci!