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CAMPOBASSO _ Egr. Presidente,
nella mattinata dell’8 aprile scorso la protesta (e le proposte) dei cittadini della comunità di Agnone e dell’alto Molise per un giorno ha camminato per le strade e le vie del capoluogo regionale. Una civile ed importante manifestazione che ha visto istituzioni locali, associazioni, movimenti civici e semplici cittadini, uniti nella difesa del proprio diritto alla salute e a ricevere un servizio sanitario all’altezza e di prossimità. La paventata e graduale cancellazione dell’ospedale S. Francesco Caracciolo, una delle eccellenze che la nostra regione può vantare e che travalica i confini molisani, così come lo smantellamento di altri importanti presidi sanitari periferici, dimostra drammaticamente il fallimento del Piano regionale di rientro dal debito sanitario approntato per il triennio 2007-2010.

Un saldo negativo in tutte le sue voci! E non sarebbe potuto essere diversamente poiché il Piano basava il proprio successo esclusivamente sulla sistematica cancellazione dei posti letto nei nostri ospedali, senza neppure prevedere servizi alternativi. Tre anni difficili di un Piano regionale che oggi annovera tra i “risultati” raggiunti un deficit astronomico di 30 milioni di euro l’anno, le aliquote regionali tra le più alte d’Italia, un indebitamento trentennale per tutti i molisani e, come se non bastasse, l’utilizzo dei fondi FAS, le risorse destinate allo sviluppo ed al rilancio del Molise, per tentare di ripianare parte dei debiti.

A conti fatti, dunque, fino ad oggi non si è fatto altro che scegliere di rinviare la soluzione del problema, saranno infatti i nostri figli ed i nostri nipoti a pagare le scelte sbagliate e la colpevole miopia politica della classe dirigente attuale. Così si cancellano le speranze di un’intera comunità regionale, si intrappola il futuro stesso della nostra regione. La peggiore scelta possibile. Nella stessa giornata dell’8 Aprile i capigruppo del centrosinistra in Consiglio regionale hanno partecipato ad un incontro al quale ha preso parte una delegazione del Comitato spontaneo di cittadini costituitosi a salvaguardia dell’ospedale alto molisano. Dalle parole di quei cittadini emergeva la rabbia e la decisione di chi non vuole arrendersi agli eventi ed è convito di portare avanti delle proposte alternative efficaci, le stesse che anche i gruppi di opposizione in Consiglio propongono da tempo. Una ristrutturazione radicale e profonda dell’intera organizzazione sanitaria regionale attraverso:
l’eliminazione dei mille sprechi e dei mille rivoli di una gigantesca spesa superflua, inutile e dannosa;
la drastica riduzione del tasso di ospedalizzazione grazie alla diffusione capillare sull’intero territorio regionale della medicina di base e delle strutture di cura alternative come le RSA;
il recupero graduale e categorico della mobilità passiva (che nella nostra regione si attesta da tempo attorno all’incredibile cifra di 80 milioni di euro l’anno!) dotando i presidi sanitari periferici di attrezzature e servizi specialistici e d’eccellenza non presenti oggi in regione. Una scelta questa diametralmente opposta a quella del ridimensionamento dell’offerta sanitaria perseguita fino ad ora. Tre assi prioritari, quindi, su cui innestare una nuova e reale opera riformatrice dell’intero comparto sanitario che vedrebbe l’intero centrosinistra disponibile al confronto ed alla collaborazione. Un confronto sincero ed onesto da realizzarsi, però, esclusivamente all’interno dell’unico luogo oggi deputato ad individuare e ad assumere le decisioni necessarie, il primo e più autorevole: il Consiglio regionale del Molise. Altre improbabili sedi di discussione, più o meno istituzionali, rischiano di essere l’ennesima inconcludente perdita di tempo.

A nome dei gruppi del centrosinistra Le chiedo pertanto di programmare, in accordo con il Presidente Picciano, una prossima seduta straordinaria e monotematica del Consiglio regionale, così da ricominciare a scrivere, magari insieme, la road map che consenta al Molise di uscire, in tempi certi e con un programma di interventi senza ombre, dalla palude nella quale oggi rischia di sprofondare.

Pardo Antonio D’Alete

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