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Bruno Verini
Bruno Verini
TERMOLI _ L’approvazione dell’emendamento in Consiglio regionale, nella sessione di bilancio, sull’istituzione del registro tumori in Basso Molise, ha tolto il mordente e forse anche il movente alla mozione di maggioranza presentata al comune di Termoli nelle more delle festività natalizie dal gruppo ‘Noi Molise’.

 Tra i firmatari di questo documento c’era anche il sottoscritto e per questo, in qualità di vicecapogruppo del Pdl, ho voluto comunque intervenire pubblicamente, facendo leva su di una proposta che mi vede chiedere la canalizzazione del 5 per mille destinato al volontariato proprio all’associazione che raggruppa i registri dei tumori esistenti nelle varie zone del Paese, l’Airtum.

La carenza di risorse adeguate, le esigenze sempre più pressanti dettate dalla nuova socialità e dalla globalizzazione, non solo quella dei mercati e del lavoro, ma anche quella dell’integrazione, non ci consente più di riproporre modelli di sviluppo analoghi a quelli che abbiamo applicato nei decenni scorsi e lo affermo anche perché profondamente convinto che quanto successo sul territorio e non solo in Basso Molise, con il verificarsi di una casistica sempre più allarmante di malattie riconducibili ad aggressioni neoplastiche, sia figlio di una politica industriale e di una cementificazione che abbia prodotto agenti inquinanti in aria, nell’acqua e nei terreni, che hanno avuto e hanno ancora una incidenza pesante sui lutti che hanno colpito quasi tutte le famiglie, che siano stati più vicini o lontani.

La scelta di allocare nel perimetro del nucleo industriale un polo chimico con aziende ad alto rischio di incidente rilevante, forse, è stata fatta con troppa superficialità all’epoca, anche per l’impatto occupazionale non eccezionale, hanno messo insieme al massimo un sesto della forza lavoro occupata dalla sola Fiat, ma ha certamente influito sulle dinamiche ambientali del territorio basso molisano. Ricordo perfettamente le battaglie dell’allora coordinamento Ambiente e Salute, poi armatosi contro la centrale turbogas, all’origine proprio l’avversione alle chimiche, ma una vicenda come l’istituzione del registro dei tumori, che non può non avere un imprimatur di carattere pubblico e istituzionale, non deve divenire un’occasione di strumentalizzazione politica di parte, come i promotori della fondazione Milani hanno voluto recentemente intendere e promuovere nel dibattito pubblico organizzato al cinema Sant’Antonio.

La salute non ha e non deve avere colore politico, al pari dell’ambiente e di tutti quei settori fondamentali della vita, che permettono la stessa esistenza. Bene ha fatto il gruppo ‘Noi Molise’ a presentare una mozione, di cui anche io sono firmatario, come già sottolineato, il segnale di attenzione di quest’amministrazione verso la tutela di cittadini e territorio è chiara negli atti prodotti da aprile ad oggi. Il registro dei tumori deve avere, tuttavia, non una finalizzazione passiva, ovverosia varare una iniziativa fine a sé stessa e glorificarsi di averla fatta nascere. Di altri strumenti operativi rimasti solo nel cassetto non abbiamo bisogno, aumenterebbero solo false illusioni nelle persone che hanno sofferenza quotidiana e nei loro cari.

Questo istituto va collocato sia all’interno del sistema sanitario regionale, che proprio di recente, qualche giorno fa, ha visto chiedere l’estensione della rete delle cure palliative, altro importante rovescio della medaglia per coloro che hanno patologie tumorali, oltre che per una raccolta dati effettivamente esaustiva. Inoltre, per prevenire ulteriori forme di cancro, occorrerebbe davvero poter studiare e averne gli esiti delle tipologie di insediamenti industriali potenzialmente nocivi, a questi sommare gli effetti dell’elettromagnetismo, della filiera agro-alimentare lo smog da circolazione stradale e perché no sensibilizzare sull’abbandono del fumo. Solo mettendo insieme tutti questi elementi potremmo davvero scavare una trincea contro i rischi di patologie tumorali.

Prevenzione come parola d’ordine, magari incentivando l’esodo di quelle fabbriche troppo rischiose per la nostra salubrità, il registro dei tumori visto come base di future azioni comunitarie e politiche, non solo come un numerificio da brandire in vista delle campagne elettorali. I Registri dei tumori sono molto utili al Ministero della Salute per la valutazione della attività di assistenza e la ricerca sul cancro, in genere sono commissionati dagli assessorati alla Sanità Regionali in relazione alla programmazione dell’assistenza e utilizzano estensivamente: Archivi Sanitari delle Aziende Sanitarie; Sistemi Informativi Regionali e Sistemi Informativi degli Enti Locali.

Vengono largamente utilizzati da Enti Locali e Ricercatori per molteplici attività di monitoraggio e ricerca che si basano sui dati prodotti o si servono dell’esperienza maturata nell’utilizzo dei Sistemi Informativi Regionali. L’utilità è incrementata dalle strategie di organizzazione in rete all’interno della Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum), che si occupa di favorire a livello nazionale la condivisione di criteri e modelli operativi per standardizzare i dati prodotti e creare un Sistema Informativo Nazionale sui tumori fondamentale per il controllo del cancro nel Servizio sanitario. Per questo, ribadendo quanto espresso prima, l’epidemiologia ha, dunque, oggi il ruolo di pilotare le scelte strategiche aziendali non più verso l’ efficienza dei servizi ma verso obiettivi di salute “misurabili”.

In questo contesto il Registro Tumori rendendo possibili studi sull’incidenza dei tumori maligni, si colloca quale strumento migliore per la programmazione d’interventi sanitari nel campo delle patologie neoplastiche e per la conseguente organizzazione e controllo dei servizi che tali interventi devono realizzare. Peraltro, rappresenta il più comune registro di patologia attivato in molte realtà sanitarie mondiali. In Italia più di 19 milioni di cittadini (pari al 33,8% della popolazione totale) vivono in aree coperte dall’attività dei Registri tumori accreditati dall’Airtum. La popolazione coperta da un Registro varia da dimensioni regionali (Umbria) o quasi (Veneto) a dimensioni provinciali o corrispondenti a una singola città (Torino).

Attraverso la mappa delle zone attualmente coperte dai Registri si può accedere alle schede di ogni singolo registro. In Italia, come in altri Paesi del Sud Europa, i Registri tumori non sono nati per iniziativa di organismi nazionali né a seguito di precisi criteri programmatori. Più frequentemente hanno avuto origine dalla spontanea motivazione scientifica di singoli clinici, patologi, epidemiologi e medici della sanità pubblica. Il carattere volontaristico di tali iniziative ha fatto sì che i Registri tumori assumessero dimensioni medio-piccole. Solo recentemente sono state programmate azioni di incentivazione da soggetti pubblici per arrivare all’obiettivo di coprire con le attività di registrazione l’intero territorio nazionale. L’aumento della copertura negli anni può essere visualizzata guardando la storia per immagini dei registri tumori.

Anche la distribuzione geografica dei Registri tumori italiani ha risentito della spontaneità che ha caratterizzato la loro istituzione: a fronte di un’ottima presenza delle attività di registrazione nel Centro-nord del paese, sono scarsi i Registri tumori al Sud, dove la conoscenza del fenomeno neoplastico si basa ancora su poche realtà. Per questo, propongo che si supporti il futuro costituendo registro dei tumori nel Basso Molise con il finanziamento diretto alla ricerca sanitaria, quel 5 per mille che siamo chiamati a destinare negli ultimi anni alla presentazione della dichiarazione dei redditi, sarebbe un segnale concreto e sincero della volontà di non dare solo uno sterile assenso.

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