CAMPOMARINO – Un’importante sentenza in tema di demanio marittimo è stata emessa dalla Corte di Cassazione. Riguarda una vicenda dolorosa che risale al 1997 e che ha coinvolto il Comune di Campomarino, già condannato in primo grado ed in appello ed ora invece prosciolto dalla Suprema Corte con una decisione che ha applicato rigorosamente i canoni di diritto in materia. Nel 1997, dunque, un giovane bagnante del Frusinate si trovava sulla spiaggia libera del lido di Campomarino insieme con un amico verso le ore 19 di un giorno del mese di luglio.
Visto il bel tempo ed il mare invitante, i due si gettarono in acqua, anche essendo il primo inesperto di nuoto. Senonché in quella zona v’era una fortissima corrente marina, che abitualmente formava un pericolosissimo mulinello acquatico. I due giovani furono travolti dall’acqua: il secondo riuscì a mettersi in salvo, il primo invece non vi riuscì e perì per annegamento. Per la zona, la Capitaneria di Porto di Termoli aveva fatto obbligo al Comune di apporre un cartello di pericolo. Cosa che era stata fatta ma, poi, il cartello era stato rimosso dai soliti vandali.

I parenti della vittima citarono poi il Comune prima davanti al Tribunale di Larino e in seguito innanzi alla Corte d’Appello di Campobasso. Entrambe le sedi giudiziarie condannarono il Comune al risarcimento dei danni materiali e morali subiti dai genitori e dal fratello della vittima e quantificati in molte centinaia di migliaia di euro, sia perché non aveva ripristinato il cartello, sia perché era da ritenersi comunque responsabile del luttuoso evento, causato dalla mancata sorveglianza della spiaggia affidata alle sue cure. Il Comune ha quindi ricorso in Cassazione, con il patrocinio del Prof. Avv. Giovanni DI GIANDOMENICO, uno dei massimi esperti di demanio marittimo sul piano nazionale, coadiuvato dall’Avv. Ernesto SALLESE.

I professionisti hanno sostenuto l’assoluta estraneità del Comune che, all’epoca, non aveva ancora poteri sugli arenili liberi e che, quindi, impropriamente era stato destinatario dell’ordinanza della Capitaneria. Ciò in base ad una ricostruzione storico-giuridica della legislazione nazionale e regionale susseguitasi nel frattempo. La responsabilità – è stato sostenuto – andava imputata piuttosto alla Regione e alla stessa Capitaneria. I supremi giudici di piazza Cavour hanno accolto questa tesi, sgravando quindi il Comune di un carico economico-finanziario molto pesante, per una colpa di cui non aveva alcuna responsabilità.

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