GUGLIONESI _ Cosa fa una certa classe politica molisana per assicurarsi comunque un futuro? Cerca in apparenza di rigenerarsi, nel disperato tentativo di far cadere nell’oblio l’infausto decennio, oramai trascorso, contraddistinto dall’affermazione del pensiero unico dominante: si può scegliere di appartenervi, quindi fregiandosi con orgoglio di stare dalla parte dei vincenti, o di rimanerne fuori tra i perdenti. Nella ricerca spasmodica del consenso la politica, in questi sciagurati tempi di decadenza, ha fatto largo uso della negoziazione, in tal modo sacrificando le più opportune considerazioni di ordine etico e valoriale.

Occorre ricordare, tuttavia, che la politica è comunemente intesa come arte di governare lo Stato (o altro ente territoriale) perseguendo gli interessi comuni della società, ovvero il bene di tutti e di ciascuno. Essendo un’attività che promana dall’uomo, essa reca in sé la fragilità, la relatività e tutti i limiti della condizione umana. Il rapporto tra principi etici e azione politica si configura, allora, come relazione tra l’orizzonte assoluto dei primi e l’ambito relativo della seconda. Chi ritiene giustamente di non poter prescindere dai principi etici nell’esercizio dell’azione amministrativa conseguente alla sua investitura politica, si pone la questione di elaborare un modello di virtuosa relazione dialettica tra principi non negoziabili e negoziazione politica. L’ambito entro il quale i principi possono essere parzialmente sacrificati senza venire irrimediabilmente compromessi è il risultato di una mediazione quale attività che è insieme tradizione e traduzione, declinazione ed incarnazione dell’assoluto etico nel relativo politico.

Al contrario, in questi anni la classe politica di centrodestra ha negoziato di tutto, indiscriminatamente, traendone a lungo un discreto e immeritato beneficio in termini di consenso e di credibilità. Orbene, nel momento in cui la gente comune prende con maggior convinzione le distanze dalla casta, poiché a causa della crisi le disuguaglianze si accrescono e le sue conseguenze si scaricano in massima parte sulla popolazione meno abbiente, ci si affida al goffo trasformismo politico cercando di rinunciare al superfluo pur di poter continuare a vivere di sostanziali privilegi. Si ricorre così a proclami riguardanti generici tagli alle indennità di carica e alle auto blu, si riserva la mannaia dell’abolizione dei vitalizi ai futuri consiglieri, si fa passare per sensibilità politica la rinuncia agli assessori esterni, dettata verosimilmente dalla non praticabilità di tale opzione per indisponibilità del consigliere a dimettersi a causa di un paventato ribaltamento del risultato elettorale per via giudiziaria; in breve, si butta fumo negli occhi senza incidere in modo sostanziale alla radice del problema.

Ora, per ciò che concerne il tema delle indennità, va superato il concetto di “professionismo politico”, poiché la carica di consigliere regionale deve essere concepita come un ufficio di cui si è investiti in vista dell’assunzione di un dovere civico, non già come una professione che dà da vivere o, peggio, come una soluzione che ti cambia in meglio la vita. Bisognerebbe tornare alle origini delle motivazioni sull’introduzione dell’indennità parlamentare, che fu una grande conquista democratica resa necessaria dal costante allargarsi dell’attività legislativa, nonché per evitare che il mandato parlamentare fosse un privilegio riservato solo a chi viveva di rendita (e, infatti, nella composizione tipica del Parlamento anni ’50 la professione più rappresentata era quella di operaio)

E’ fatto notorio che l’attuale retribuzione, oltre che nell’entità, difetta nella sua equiparazione a un corrispettivo tipico di un contratto di lavoro, perché contiene misure di previdenza contro la vecchiaia e contro la disoccupazione per la previsione del premio di reinserimento. Ma limitare la denuncia al solo aspetto economico non è esaustivo del problema, perché i privilegi individuali sono ben poca cosa rispetto a quelli che la casta dispensa alla vasta platea di amici fidelizzati; ciò ha comportato una degenerazione del parlamentino regionale, che produce leggi o provvedimenti dettati più da finalità di gruppo, in contrasto con l’interesse pubblico, o addirittura da finalità private.

Nell’agenda dei lavori del nuovo consiglio regionale deve tornare a essere centrale il tema della questione morale, che quotidianamente cattura l’attenzione attraverso vicende che si intrecciano e si influenzano ad altre vicende in vari settori e ambiti del nostro vivere comune. Deve emergere in questa nuova stagione una grande richiesta di rinnovamento sul piano dell’etica, del diritto, della politica, mediante un pressante richiamo a una reazione morale nei confronti della corruzione della vita politica e civile. Si ha bisogno di una politica che mostri di essere in relazione diretta con la verità e di un’opinione pubblica che faccia pressione affinché la serietà morale delle persone diventi una priorità, nonché il metro sul quale misurare la qualità della vita civile. È riduttivo parlare solo di dialogo tra maggioranza e opposizione quale panacea di tutti i nostri problemi: occorre che la politica torni a essere vicina al comune sentire della gente e assuma i provvedimenti necessari a far sì che tali problemi si possano risolvere.

Giuseppe Vaccaro Idv Guglionesi

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