
Sin dai primi anni novanta, invero, a seguito della devastazione del sistema per mano giudiziaria e mediatica, se da un lato la sinistra italiana è stata incapace di trasformarsi e costruire una moderna formazione riformista e socialdemocratica, dall’altro la parte più moderata e liberale dell’elettorato si è aggregata attorno ad un leader , il quale si trova ad assolvere alla duplice, delicata funzione di catalizzatore dell’opinione pubblica e di collante delle varie componenti politiche del centro destra. Questo modello, fortemente personalizzato e centralistico, si e’ di fatto sostituito a quello della collegialita’, della condivisione, del confronto nella comunita’ politica, restringendo di conseguenza gli spazi di partecipazione ed in ultima analisi di democrazia. Oggi assistiamo, ad ogni livello,ad un tentativo di egemonia da parte di chi gestisce le piu’ grandi formazioni, soggetti che ritengono di poter assorbire e comunque rappresentare anche le istanze, gli stimoli politici e culturali, l’anima popolare di tutte le diverse componenti.
E’ un evidente errore di valutazione che rischia di minare l’idea guida del nuovo modello che è e deve restare quella della costruzione di formazioni plurali, capaci di esprimere in autonomia le rappresentanze, facendo convivere in un progetto organico, anche aree di pensiero diversificate . Difronte ad un percorso che sembra segnare il passo,non resta che avviare – partendo dal basso – un “rassemblement” delle diverse componenti libertarie e misurarsi con i problemi complessi della società politica. Solo cosi’ ci si potra’ avvantaggiare di quel valore aggiunto in termini valoriali, indispensabile sul piano della proposta e della offerta politica complessiva. Perche’ il problema centrale si riassume nella scelta tra il costruire l’ alternativa ad un sistema personale ed autoreferenziale o proseguire nel modello del… partito del leader.