Europa MediterraneaTERMOLI _ Dalle colonne de “Il Tempo” ,qualche giorno addietro, Angelo Mellone ha fatto un’analisi dell’attuale scenario italiano caratterizzato – a suo dire – dalla disillusione, dalla abulia, dalla rassegnazione della gente, dall’attesa di “qualcosa che deve accadere, ma che di fatto non accade mai.” Ed ha rilevato che il mondo politico nel suo complesso si trascina da anni in una specie di continuo galleggiamento dove i partiti, “idealmente delegati a rappresentare i bisogni e gli interessi della gente,sono debolissimi nel radicamento sociale ed autoreferenziali nella selezione delle proprie elite”.
E concludeva con un interrogativo:cosa resta di quello splendido impasto di sentimenti, emozioni, progetti che ha caratterizzato l’avvio di quella “rivoluzione italiana” che, nelle aspettative, avrebbe dovuto essere la rivoluzione della legalità,del merito, della trasparenza, della qualità della classe politica, dello spirito civico e dell’entusiasmo generazionale? ”.

L’analisi di Mellone, sebbene eccessivamente pessimista, è veritiera e deve far riflettere sulla necessità di mettere mano al complessivo sistema di rappresentanza politica, perchè non mi pare davvero che possa ulteriormente immaginarsi la sostenibilità di un modello che, nel suo complesso, si riferisce ad uno o più soggetti o a precise ristrette oligarchie. Un sistema nel quale il “ senso di appartenenza” viene tradotto solo in termini di vicinanza a quel soggetto o a quel gruppo e non invece ad un disegno politico lineare, democraticamente condiviso.

Occorre superare concettualmente l’idea del Paese diviso in due macro aree e prendere coscienza del fatto che l’Italia tutta corre concretamente il rischio di diventare il grande sud dell’Europa baltica, anzichè essere il cuore pulsante dell’Europa mediterranea.

Non possiamo far finta di ignorare che anche il clima di generalizzata debolezza delle istituzioni locali, sia figlio di questa fibrillante instabilità che, a sua volta, crea divisioni, scollamenti, conflittualità.
Non è un caso che da qualche tempo sta riemergendo prepotentemente la secolare questione del rapporto tra nord e sud del Paese, trasformando di fatto il dualismo economico in dualismo politico. La “solidarietà antigovernativa” dei Presidenti delle Regioni del sud Italia rispetto al contenuto della manovra finanziaria in discussione è probabilmente espressione di quella vecchia cultura meridionalista caratterizzata dall’antico e diffuso convincimento che vede lo Stato centrale come soggetto “ lontano e patrigno”.
Registro con preoccupazione queste forme degenerative del sistema, rilevando che il punto centrale resta quello di piegare la tendenza alla territorializzazione della Politica, nella prospettiva di una nuova visione unitaria e nazionale dei Partiti, corrosi dal leaderismo e dalla degenerazione feudale dei capi locali.
Occorre superare concettualmente l’idea del Paese diviso in due macro aree e prendere coscienza del fatto che l’Italia tutta corre concretamente il rischio di diventare il grande sud dell’Europa baltica, anzichè essere il cuore pulsante dell’Europa mediterranea.
Il problema si risolve quindi, nella necessità innanzi tutto di selezionare una classe dirigente all’altezza dei reali bisogni del Paese
, di costruire un grande partito di popolo, capace di stare al passo con i tempi caratterizzati da una economia che corre e travolge, di superare la prospettiva della fondazione di una forza politica (il partito del sud o similare) che nella intenzione dei suoi sostenitori, palesi ed occulti, possa diventare lo strumento per ritagliarsi rendite di posizione e conservare un potere locale asfittico e senza futuro.

Ci sono momenti della storia politica nei quali bisogna avere il coraggio di scommettere, senza timori e senza ipocrisie per guidare il necessario processo di modernizzazione del Paese, di trasparenza, di partecipazione. O lo si fa adesso o sarà troppo tardi.

Avv.Oreste Campopiano
Segr.Reg.N.PSI – PDL MOLISE
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