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TERMOLI _ Questo è un appello rivolto a tutti coloro che hanno a cuore il destino del nostro patrimonio storico, archeologico, artistico e paesaggistico. Il giorno 22 maggio 2009, alle ore 10.30, ritroviamoci tutti presso l’abbazia benedettina di Sant’Elena, in agro di San Giuliano di Puglia, in occasione della festa di Sant’Elena. Da qui poi procederemo lungo il tratturo Celano – Foggia e arriveremo a Montecalvo, ove avrà luogo un sit-in per richiamare l’attenzione dei pubblici poteri sul grave scempio perpetrato ai danni di Montecalvo, a causa dell’estrazione di materiali inerti da una cava di vistosa ampiezza, che presenta una scena di devastazione e di saccheggio del territorio, col rischio che Montecalvo venga definitivamente cancellato dalla faccia della terra. Mobilitiamoci per salvare Montecalvo, perché si tratta di un’area di grande importanza storica.

Montecalvo, infatti, insieme a Tonnicchio, era il centro abitato più importante sorto nel territorio dell’antica abbazia benedettina di Sant’Elena, fatta costruire nell’anno 976 da Pandolfo Capodiferro, principe longobardo di Benevento. Nella bolla di donazione Pandolfo concedeva al monaco benedettino Giovanni, primo abate di Sant’Elena, la facoltà di accogliere uomini nelle terre del monastero e di costruirvi casali e villaggi (damus et concedimus tibi Johanni modo ordinati Abbati, et tuis successoribus ut liceat vobis in ipsius terris casalia seu villas edificari et homines ibidem amantiare). E i benedettini accolsero nell’agro dell’abbazia coloni e pellegrini che percorrevano il tratturo per andare al santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano o per imbarcarsi verso la Terra Santa dai porti pugliesi.

E così sorsero due centri abitati: Montecalvo e Tonnicchio. Nell’anno 1179, Pietro, abate di Sant’Elena, ottenne dal re normanno Guglielmo II, detto il buono, la reggia protezione per il monastero e il casale di Montecalvo. Il giorno 5 maggio dell’anno 1208, al tempo di Federico II (regnante Domino Nostro Rege Frederico Siciali), il notaio Giovanni redasse un atto nel castello di Montecalvo ( actum in castello Montis Calvus feliciter). Con tale atto Matteo di Molise, signore del Castello di Loreto (dominus de Castro Laureti) i cui abitanti in seguito costruirono Colletorto, donò all’abate di Sant’Elena un territorio in cambio di un altro pezzo di terra appartenente al monastero, ma venduto arbitrariamente da un tale Brunamonte.

Ma il documento più importante e più studiato, al quale è legato il nome di Montecalvo, è lo Statuto concesso ai suoi abitanti dall’abate Giordano il 10 gennaio 1190. Da tale documento apprendiamo che Montecalvo era molto cresciuto e sviluppato. Aveva la sua chiesa dedicata a San Nicola, con i suoi preti e chierici. Aveva soldati al servizio del monastero di Sant’Elena. Aveva numerosi abitanti ai quali l’abate confermava i diritti e i doveri nei confronti del monastero.

Ma in seguito, al tempo della regina Giovanna I d’Angiò, a causa delle guerre e delle incursioni dei nemici che avevano invaso il regno (propter fremitum guerrarum et discursus hostium invadientium regnum nostrum) vennero distrutti sia Tonnicchio che Montecalvo e quasi abbandonati da tutti gli abitanti, al punto che a Montecalvo, che prima aveva oltre 250 abitanti, non ne erano rimasti che 15 e a Tonnicchio, che prima aveva oltre 140 abitanti, non ne erano rimasti che solo 5 poveri e pezzenti. Per tali condizioni la regina Giovanna d’Angiò esonerò l’abate di Sant’Elena da qualsiasi contribuzione fiscale per i due villaggi così duramente colpiti.

In seguito la peste nera del 1348, che devastò l’intera Europa e che viene ricordata dal Boccaccio nel suo Decameron, desolò completamente Montecalvo, lasciando sulla cima del suo colle solamente i resti delle abitazioni e della chiesa. Per secoli tali resti sono rimasti coperti dalla terra e della vegetazione, al riparo dalle incursioni e dalle devastazioni dei tanti Attila che hanno battuto queste contrade. Ma oggi, nel XXI secolo, nel tempo della cultura della conservazione e della valorizzazione dei beni archeologici, storici e paesaggistici, sono tornati i nuovi Attila, che stanno distruggendo Montecalvo e lo stanno cancellando definitivamente dalla faccia della terra con tutte le sue memorie storiche, mentre i pubblici poteri o dormono o restano indifferenti.

Per tali motivi tutti coloro che non vogliono un tale scempio e una tale distruzione, il giorno 22 maggio, alle ore 10.30 si riuniscano nell’abbazia di Sant’Elena e di qui insieme procediamo verso Montecalvo per impedire la sua distruzione e proporre che l’area archeologica venga vincolata e preservata come quella di Gerione, ove sono state riportate alla luce tutte le testimonianze lasciate dalla storia degli uomini e delle cose.

                                                                                                                 Antonio Mucciaccio

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