LARINO – Dieci famiglie fuori casa a seguito di ordinanza sindacale – ma mancano i fondi per il finanziamento dei PEU – e devono anche pagarsi l’affitto CRATERE. Centinaia di famiglie sono ancora fuori casa; in tanti, da oltre un anno, sono costretti a dover pagare con fondi propri gli affitti perché la loro abitazione è ancora inagibile (dopo 11 anni dal tragico terremoto). Inoltre, in tante realtà del cratere i cantieri aperti sono fermi da mesi perché le casse dell’Agenzia regionale di Protezione Civile sono vuote e nessuno, nemmeno i politici, sa quando saranno rimpinguate con i fondi del Cipe. Fondi divenuti come “ miraggio nel deserto”, dove per deserto deve leggersi la disperazione di chi è stanco di promesse, è stanco di dover fare i conti ancora con quotidiani disagi.

Disagi tanto per chi è fuori di casa, ma, si badi bene, anche per chi, imprenditore, ha appaltato i lavori di ricostruzione. In questo contesto arriva la voce di uno dei tanti presidenti dei consorzi privati (c.d. P.E.U.) formatisi all’indomani del sisma molisano per gestire in “autonomia” la fase della ricostruzione. Uno dei tanti che, nonostante abbia svolto appieno come tutti gli altri, il suo compito, vede che tutto è fermo, osserva una realtà dove l’incertezza dei finanziamenti procrastina il rientro della gente nelle case “sine die”.

Persone, in molti casi, anziane che forse in quelle case non riusciranno più a tornare. Questa la sua testimonianza: “Sono il presidente di un consorzio PEU composto da dieci condomini, formatosi nell’anno 2003 a seguito degli eventi sismici del 2002”. Dopo le varie fasi burocratiche (costituzione consorzio, conferimento incarico per la perizia preliminare, poi quello della progettazione esecutiva) soltanto a distanza di dieci anni, ossia nell’aprile 2012, l’allora Commissario delegato ha firmato il decreto di finanziamento per il risanamento sismico delle abitazioni ricomprese nel PEU. Un provvedimento che mi è stato notificato nel mese di giugno 2012, ossia quando gli uffici delegati alla gestione del post-sisma erano stati chiusi a causa della fine del periodo di emergenza. Poiché nella vita mi sono occupato di ben altro, ho avuto bisogno di reperire notizie riguardo alle ulteriori procedure da seguire per procedere all’affidamento dei lavori. E così mi sono attivato, ho chiesto ad amici fidati, ho consultato altri presidenti e, rispettando il termine ulteriore imposto dal Sindaco, ho esperito tutta la prassi per l’affidamento dei lavori e la nomina dei tecnici. Finalmente, mi sono detto, potranno partire i lavori.

Ebbene, scaduto il suddetto termine, come accaduto tante altre volte nella storia del terremoto molisano, si è diffusa la voce della mancanza dei fondi per l’avvio dei lavori. Una voce presto confermata dai fatti, tanto è vero che i lavori non sono ancora iniziati perché al giorno d’oggi, in un periodo di crisi imperante, nessuno riesce ad accollarsi debiti senza la certezza di un ristoro in tempi brevi. Tutta questa confusione burocratico-finanziaria non tiene però conto della situazione delle dieci famiglie che hanno dovuto svuotare le loro abitazioni e trovare un altro alloggio senza peraltro poter godere del contributo di autonoma sistemazione riconosciuto fino allo scorso anno e poi sospeso. L’incertezza della disponibilità dei fondi aumenta con il passare dei giorni e con essa la presunta durata dei lavori. La domanda sorge spontanea:” Quando riusciremo a rientrare nelle nostre case acquistate o costruite con i risparmi di una vita?” Un dato per concludere: il 60% di noi è ultra settantenne, vive della sola pensione di anzianità dalla quale deve detrarre, come detto, il canone di affitto per l’autonoma sistemazione.

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