La Locandina
TERMOLI _ Aspettavo con impazienza se nelle nostre vene, di noi spettatori dello spettacolo teatrale “La Nemica”, si sarebbe sciolto il sangue. Conosco il limite di sopportazione mio e del pubblico che assiste a spettacoli di teatro nei quali tutto viene giocato sulla capacità di attenzione sul testo e sulla recitazione. Poi “La Nemica”, testo portato in scena ieri sera, 23 gennaio in Galleria Civica dalla Compagnia LALTROTHEATRO di Ugo Ciarfeo, affrontava un tema complesso, scritto da un autore dei primi del ‘900, quel Dario Niccodemi che pochi conoscono, pur se ha occupato un posto di primo piano nel panorama della storia teatrale italiana.

A ciò si sono aggiunte altre incertezze. Uno spettacolo nuovo dove recitano attori non professionisti (non dilettanti!), alcuni dei quali alle prime armi. Poi la difficoltà di non avere una struttura di riferimento che consentisse di preparare bene il tutto. Insomma , mi chiedevo, chissà come andrà a finire. Un grosso polpettone edulcorato tipo melodramma o addirittura una sceneggiata meroliana. E invece Ciarfeo, che di fregature non ne dà perché sa bene il suo mestiere, ci ha fatto sciogliere il sangue nelle nostre vene di spettatori, portando la nostra attenzione progressivamente al culmine di un percorso, così come lo aveva disegnato l’autore. E gli attori, quei bravi ragazzi della Compagnia LALTROTHEATRO (età media 30 anni) hanno capito che dovevano assecondare questo “crescendo”, senza indulgere in atteggiamenti pietistici o eccessivamente popolareggianti.

Elisa Amoruso (La Nemica) recitando con grande controllo emotivo, ci ha mostrato il dramma umano di una madre combattuta tra due amori materni. Con lei tutti gli attori hanno capito questa lezione, rilevando un salto indiscusso di recitazione: la madre, impersonata da una prorompente Pina Bucci, i due figli (Alessandro Riccobene e Maurizio Cicchetti) bravi nel calcare la scena, la conferma di Silvia Caia, ormai a livelli di grande padronanza espressiva; e poi Daniela Pipoli, “novizia”capace di tenere la scena con grande sicurezza, Luciano Musacchio, Giovanni Mellone e Stefano Scaramuzzo, che si sono fatti trovare pronti al momento giusto.

Proprio questo rigore, che non vuole affatto dire assenza di emozioni, ma al contrario una ferma presa di coscienza delle proprie emozioni, è stata la chiave di volta della rappresentazione. Un rigore che ha condotto il pubblico nel solco di una positiva emotività, aiutandolo a distinguere tra sentimento e sentimentalismo e rendendo credibile tutto lo spettacolo, basato su quel dramma eterno dell’amore materno, nel quale tutti si sono identificati. Nella cultura, nel vero teatro non esistono scorciatoie. Il percorso è sempre in salita. Oggi invece noi lasciamo ad altre forme di spettacolo e di intrattenimento la possibilità di toglierci qualcosa, come il nostro tempo libero, le nostre emozioni, i nostri sentimenti.

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