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Oreste Campopiano
Oreste Campopiano
TERMOLI _  Il segnale è arrivato, forte, generalizzato, difficilmente reversibile. Un terremoto che ha  devastato quell’ibrido, tutto italico, passato subdolamente con il nome di “seconda Repubblica”.  L’onda lunga del dissenso ha testimoniato la volontà popolare di chiudere con questo sistema inceppato, asfittico ed autoreferenziale,mettendo in campo un’altra volontà : quella di riprendersi ciò che l’antipolitica di questi anni ha tolto ai cittadini, cioè la possibilità di decidere ripartendo dal basso, la libertà di scegliere.

E se da un lato è indiscutibile che sia stato il centro destra governativo e Berlusconi in prima persona (che ha voluto trasformare il test elettorale in un referendum su se stesso e sull’attività del suo Governo) a prendere randellate sui denti, è altrettanto vero che anche il centrosinistra ,per così dire, tradizionale non ha affatto vinto le elezioni. Non le ha vinte il PD; non le ha vinte l’IDV. Le ha invece stravinte la gente che ha votato, nel primo ed ancor di più nel secondo turno, i candidati che meglio degli altri interpretavano quel diffuso sentimento di superamento di un  “sistema”  logoro negli interpreti ed inconsistente nei modelli di riferimento.

Pisapia e De Magistris sono espressione di questo sentimento popolare e non i figli di quell’altro modello “conservatore”, spesso interpretato  dai maggiori partiti del centrosinistra: Pisapia non è certamente espressione del PD. Con De Magistris il 65% dei napoletani  non ha inteso votare l’IDV, partito che ha raccolto al primo turno un misero 8% dei consensi.

Ho ascoltato le dichiarazioni a caldo rese dal Premier: “abbiamo perso. Avanti con le riforme”. Con questo Governo? Con questa traballante maggioranza parlamentare che è ormai minoranza nel Paese, sig. Presidente? E poi quali riforme? Quella della Giustizia  che da oltre un quindicennio non è ancora approdata ad un sicuro e chiaro percorso politico – parlamentare? O quella del fisco (pure da Lei  evocata) che l’Europa e Tremonti ci hanno detto a chiare lettere che non si può fare ora, date le condizioni di precarietà economica del sistema Paese?

Al punto in cui siamo, caro Presidente, l’unica riforma possibile e seria è quella di modifica della legge elettorale per restituire ai cittadini ciò che gli è stato tolto: la libertà di decidere, di autodeterminarsi, di scegliere. In una parola di tornare alla Politica, quella vera, quella che è fuori dalle ristrette oligarchie di partito.

«E poi non resta altro che il voto».
Perchè è solo questo che gli elettori hanno detto, senza equivoci, attraverso le urne il 15 ed il 16 maggio scorsi. Chi non lo ha capito o fa finta di non capire, è destinato ad essere definitivamente ed irreversibilmente espulso dalla storia politica di questo Paese.