CAMPOBASSO _ Ormai il Federalismo fiscale è giunto alla prova del nove. O passa in Bicamerale o si andrà al voto; almeno così tuonano dalla Lega. Si tratta di una Riforma sbilanciata a favore del Settentrione. Una Riforma che non può passare. E nemmeno un partito a forte connotazione territoriale come la Lega, può permettersi un’operazione che getterebbe nel caos le amministrazioni. La Lega lo sa e invoca le elezioni pensando con la voce grossa di far paura. Qualcuno potrà anche spaventarsi, l’Italia dei Valori sicuramente no. L’IdV ha una posizione nota da sempre: no al federalismo a tutti i costi, sì a un federalismo solidale e sostenibile.

Ma se leggiamo i dati Ifel (la Fondazione Anci per la finanza locale) sulle stime degli effetti della Riforma ci si rende subito conto che si va nella direzione opposta. Gli introiti complessivi a disposizione dei Comuni, infatti, saranno inferiori del 5 per cento tra il 2010 e il 2014. Ma il dato che impressiona di più (al netto degli eventuali fondi di riequilibrio e perequazione) è quello sulle differenze, sia in termini assoluti che in percentuali, per ogni singola città italiana. Pochissime le realtà del Sud che avranno maggiori risorse a disposizione rispetto al 2010. E ai sindaci i conti di questo Federalismo municipale non tornano. Ciò soprattutto perché le stime fornite dal Governo sul gettito dei nuovi tributi sembrano essere spesso ottimistiche.

A ciò si aggiunge lo stato di incertezza dovuto alle due fasi di attuazione della Riforma (fase di transizione e fase a regime) dal 2010 al 2014. Verrà creato un “Fondo di riequilibrio” in sostituzione degli attuali trasferimenti erariali ai Comuni? Tale fondo, stando alle ultime notizie, dovrebbe essere alimentato dal gettito dell’imposta di registro, di bollo, dell’imposta ipotecaria e catastale, dei tributi catastali speciali, dell’Irpef relativa ai redditi fondiari e dalla cedolare secca sugli affitti. Non si sa a quanto ammonterà tale Fondo di Riequilibrio, né come verrà stabilito il suo “tesoretto”, né tantomeno come verranno ripartite le risorse a livello regionale.

Nel 2014, entrerà in vigore l’Imu (Imposta municipale unica); ma anche qui si sa poco o nulla sui criteri di ripartizione. Una cosa è certa: ci perderanno i Comuni che hanno un fisco immobiliare particolarmente debole ed una dipendenza accentuata dai fondi statali, così come le realtà caratterizzate da un’ampia evasione fiscale in campo immobiliare e da un mercato del mattone poco vivace. Ecco perché, innanzitutto, l’Anci, ha chiesto l’introduzione di una clausola di salvaguardia che garantisca ai Comuni per tutto il periodo transitorio un livello di entrate almeno pari al 2010, prima dei tagli. I sindaci denunciano una incerta e approssimativa forma di fiscalità locale gravante sugli immobili, con il risultato di creare notevoli disparità tra i Comuni e di danneggiare, mediamente, il Mezzogiorno.

In questo momento che vede anche confermati gli essenziali vincoli del Patto di Stabilità, non si può accettare la fine dei trasferimenti statali verso i Comuni senza alcuna certezza che per tutto il periodo transitorio siano garantite entrate almeno pari a quelle del 2010. Non si può immaginare di mettere in crisi i Comuni con norme inadeguate che determineranno minori entrate sino al 50%. Risultato? Si annullano gli sforzi di tanti amministratori virtuosi, si penalizzano i cittadini e si blocca lo sviluppo del Paese.

Il Molise, con i suoi piccoli comuni, si troverà nell’occhio del ciclone e subirà gli effetti negativi della Riforma. Basti pensare che in montagna i cespiti immobiliari sono più bassi delle realtà cittadine, se si escludono le realtà turistiche che però rappresentano, qui in Molise, solo una percentuale molto limitata delle municipalità montane. L’Uncem ha avanzato la proposta, per la nuova finanza comunale in montagna, di un mix di cespiti di entrata, in modo da garantire un gettito più equilibrato e un fondo perequativo in grado di coprire i sovra costi strutturali permanenti delle aree montane.

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