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Il dibattito pubblico in scena al MacTE
TERMOLI – Di solito si fa così: prima si fanno le indagini via via più approfondite, si cerca di fare una diagnosi e poi, solo se proprio non è possibile risolvere i problemi con una cura alternativa e poco devastante, si decide un ricovero in ospedale per cure più approfondite sotto diretto controllo medico tenendo ben presenti le eventuali controindicazioni. Nei casi più gravi si può arrivare a operazioni invasive cercando però di ridurre al minimo i disagi per il malato. Un intervento urbanistico e architettonico non è troppo diverso da un intervento medico. In ogni caso fondamentale è la conoscenza del quadro diagnostico che legittimi gli interventi.

Ma sembra esattamente il contrario di quanto sta avvenendo a Termoli. Qualcuno ha avuto occasione di leggere in una relazione le motivazioni che giustifichino un intervento così devastante?

Di solito si fa così: prima si fanno le indagini sulle reali necessità di un nuovo prodotto e si verifica quali siano quelli comparabili esistenti in commercio. Si cercano i margini di interesse che il nuovo prodotto può offrire, si studia un packaging accattivante e si avvia una efficace campagna pubblicitaria. A Termoli è stato fatto un progetto senza dimostrare che serva davvero. La pubblicità (questa si) è stata fatta ma un po’ alla volta tenendo nascosti gli aspetti potenzialmente più delicati e mettendo in evidenza soltanto quelli che possono solleticare quei cittadini che potranno arrivare in auto e parcheggiare finalmente in centro. E’ come se dalla bella confezione di un prodotto fossero cancellate alcune fastidiose informazioni, pur previste dalla legge, relative alla composizione e alle eventuali controindicazioni.

La pubblicità è l’anima del commercio. Milano e Roma sono due vetrine importanti per la pubblicità ma, ci sembra, che le presentazioni fatte siano state incomplete perché riferite soltanto alle parti “vendibili” del progetto mentre le parti già “vendute” sono passate sotto silenzio. Una vasta parte della città, data al privato sotto la voce “compensazione”, verrà resa privata e di fatto esclusa da qualunque vantaggio collettivo mentre alla città resteranno delle spianate e un tunnel dei quali la città si dovrà fare carico.

Ma qualcuno ha detto a Violante che il dibattito pubblico è viziato perché viene soltanto dopo decisioni già prese? Quello che ha detto è giusto: “… il dovere di ascoltare le formazioni sociali e territoriali per avere il loro parere in ordine a questi progetti”. Ma quando, prima o dopo? Più di tremila persone che avrebbero voluto che la città esprimesse un parere sono poche? Sono sufficienti, invece, quelle sedute ai tavolini del Macte (sembrava un torneo di briscola)? Qualcuno si è lamentato della assenza dei comitati dai tavolini: ma chi parteciperebbe volentieri a una gara quando i nomi dei vincitori sono già conosciuti?

Un aspetto positivo in tutta questa storia (forse non esemplare per la storia termolese) c’è: l’amministrazione è riuscita suo malgrado a far risorgere una vasta parte della cittadinanza che si sente esclusa dalle decisioni e, per la questione referendum, un po’ presa in giro. Non è vero che si tratta di persone che “dicono sempre no” (contrariamente a un ristretto gruppo che forse è costretta a dire sempre si): sono persone che, semplicemente, vogliono realmente contare nelle decisioni sulla città. A Termoli non si erano mai visti tanti comitati impegnati sugli stessi argomenti. E, si badi bene, questa volta per buona parte al di fuori dei partiti (anche se bisognerà impedire a qualcuno di approfittarne in futuro).

Una delle aspirazioni -e sintomo di aver bene espresso i bisogni e i sogni della sua città- di un sindaco (ma vale per chiunque abbia responsabilità pubbliche) è lasciare in eredità qualcosa che possa essere apprezzata anche da un suo successore -chiunque esso sia- tanto da “costringerlo” a impegnarsi a portarla in fondo perché vantaggiosa per la città. Quello del progetto tunnel (con tutto quello che comprende) probabilmente sarà una preoccupazione per le future amministrazioni e una grana per la città, anche se ha avuto una mezz’ora di visibilità a Milano e a Roma.
D’altra parte si è già visto cosa è successo per il corso Nazionale.

Luigi Marino

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