GUARDIALFIERA _ “Il presepe in diretta” da Guardialfiera ha suggestionato ed imposto quest’anno l’annuale riflessione intorno allo slancio, alla costanza ed all’estro dei giovani, sensibili, intelligenti, ancora entusiasti ed impegnati da 25 anni nelle scene di “Piedicastello”.

Nel duplice collegamento Rai, sono state rilevate e percepite sensazioni di brivido che pongono interrogativi e che si fanno riflessioni sulla loro condizione, sulle precarietà e sulla loro presenza nella società e nella storia. Giovani che nel Presepe avvertono il bisogno di guardare il cielo, ma che nella vita non possono gioire del lavoro che manca e del nulla che hanno. Il presepe, tenacemente sospirato e potenziato dal gruppo direttivo della locale Pro Loco e dal gruppo di giovani collaboratori, non è a Piedicastello solo la celebrazione di un ricordo.

E’ una profezia. Nel presepe il senso della civiltà imbocca un’altra direzione. Dio “il Grande”, scende verso il basso, verso gli umili, gli sguarniti. E mentre i potenti ed i prepotenti mantengono la “pace” nel mondo con bombardieri e intrallazzi, nel presepe cade un granello di vita nuova. “Dio – ha osservata Ermes Ronchi a Natale – entra nella mangiatoia dal punto più basso e raggiunge ogni scoraggiato, ogni anonimo e, assieme a Maria, li avvolge di una nuvola di canto e di speranza”.

La diretta dal presepe quest’anno vuol assumersi la missione nobile di imprimere ai nostri uomini di buona volontà e di , un Natale di testimonianza. Quello di far scendere gocce di eterno sul terreno arido, ma ancora fecondo dei giovani, nella loro crescita intellettiva e sociale. Di svincolarli dal nulla non con la volatilità di linguaggi, ma con l’obbligo verticale e liberatorio della fiducia, della stima e del sostegno. L’umile e appassionata sollecitudine scaturita dal messaggio silenzioso del “nostro” presepe, potrà addirittura riuscire a squarciare, anche con l’ausilio della cometa, uno spiraglio di luce per quel futuro negato alla gioventù e lenire le trepidazioni degli indifesi figli cari, dei figli nostri, ed imprimere loro un fremito d’attesa in questo presente postoderno, magnifico e allarmante. vincenzo di sabato

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