altTORO – Intervengo con profondo rispetto nella discussione aperta da Sua Eccellenza Mons. Giancarlo Bregantini con la Sua lettera aperta del 22 gennaio e riguardante i 21 ragazzi oggi ricoverati presso l’istituto Fisiomedica Loretana di Toro. Premetto, innanzi tutto, di condividere le valutazioni etiche per le quali lo Stato, attraverso gli enti decentrati preposti, debba garantire la presa in carico e l’assistenza di ogni cittadino che, per inabilità o indigenza, non sia in grado di provvedere autonomamente alle proprie necessità di vita o di salute. E’ in base alla piena corrispondenza con questi principi etici che ho scelto di lavorare nel pubblico e che da 15 anni assisto in casa, con la mia famiglia, un parente totalmente inabile affetto da demenza e allettato con i medesimi bisogni dei ragazzi di Toro. Ciò premesso, sono in obbligo di proporre al dibattito alcune precisazioni, nel rispetto del principio della assoluta completezza della informazione. Spesso il confine fra sanitario e sociale è di difficile individuazione. La legge, quindi, nel rispetto del principio etico sopra richiamato, tradotto in norma, indica con chiarezza quali sono gli interventi sanitari da porre a carico della spesa sanitaria, distinguendoli quindi da quelli che sono da considerarsi – in tutto o in parte – di natura sociale.

Questa distinzione non pone in discussione nè l’obbligatorietà della presa in carico del cittadino non autosufficiente, nè la gratuità delle prestazioni sanitarie di cui necessita.
La legge allo scopo prevede che, nel caso in cui il cittadino non abbia redditi e la famiglia non sia in grado di provvedere alla assistenza non sanitaria di cui necessita, devono provvedere i comuni con le risorse disponibili per interventi di assistenza sociale. Nel caso specifico di cui si parla è pacifico e non è in discussione il fatto che, se dovesse essere confermata la diagnosi di paziente stabilizzato, quei ragazzi non potrebbero comunque restare degenti nella struttura di Toro, cosa peraltro già affermata da una sentenza ormai definitiva. Infatti, l’occupazione non appropriata di questi posti letto genera una disuguaglianza nei confronti di coloro che hanno invece bisogno e diritto a trattamenti specifici disponibili soltanto in quella tipologia di struttura, il cui numero di posti letto nella regione è stato contingentato per legge.

Quello di cui si discute è quindi se questi pazienti siano o meno stabilizzati, come accertato da detta sentenza e da diverse verifiche mediche. Su questo loro status, rimesso in discussione con un recente ricorso da parte delle famiglie, ASReM si rimette alle valutazioni della magistratura. Quello che mi preme sottolineare è che, comunque, nessuno ha mai messo in discussione il loro diritto a ricevere tutta l’assistenza sanitaria necessaria. Ho personalmente convocato più volte i comuni interessati e i responsabili dei distretti sanitari per assicurarmi che fosse loro garantita lapresa in carico dalla assistenza sociale – secondo le scelte fatte dai parenti in ordine alla soluzione residenziale preferita – e che venisse predisposto, per ognuno di loro, un programma personalizzato di assistenza sanitaria al nuovo domicilio. Vorrei, infine, precisare che, se venisse confermato il loro status di pazienti stabilizzati, la situazione di questi ragazzi sarebbe sovrapponibile, quanto a necessità assistenziali e sanitarie, a quella dei numerosi pazienti affetti da Alzheimer presenti in regione e ancora più numerosi cittadini affetti da demenza senile. .’ Per tutti costoro, laddove né è segnalata la necessità, ASReM assicura doverosamente l’attività sanitaria dovuta, ovviamente gratuitamente, presso l’abitazione di famiglia o la struttura di residenza collettiva dove sono ospitati. ‘ Da tecnico non entro nel merito sulla equità delle leggi, ma non ho la discrezionalità per disapplicarle. Il mio dovere è di assicurare l’assistenza sanitaria di cui necessitano: a ciò ho provveduto con sollecitudine e su ciò manterrò nel tempo il necessario controllo.

Mauro Pirazzoli, direttore generale Asrem del Molise

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