PiazzaTunnel
Piazza Sant’Antonio
TERMOLI – Finalmente, dopo mesi di riserbo (le procedure erano in corso, dice), il sindaco parla per annunciare che è molto soddisfatto perché la parte migliore dei cittadini di Termoli si è prenotata per partecipare al dibattito pubblico. Potrà dire la sua, 
suggerire le modifiche al progetto, consigliare progettisti e impresa, congratularsi con l’amministrazione che sta facendo il bene di Termoli.
 
Io, che non ci sarò, mi colloco di conseguenza nella parte peggiore. Grazie a dio e in buona compagnia. Tra quelli che (come si vorrebbe far credere) vogliono impedire lo sviluppo di Termoli ma che, invece, semplicemente vorrebbero impedire che Termoli diventasse peggio di adesso. Tra quelli che sono sempre più convinti che questo progetto non servirà alla città ma sarà una gallina dalle uova d’oro per qualcuno che si è già organizzato e per qualcun altro che riuscirà ad infilarsi nell’affare.

Per sostenere il progetto viene scelta una formula presentata come rivoluzionaria: un teatrino in tre atti e una decisione finale dalla quale però gli spettatori saranno esclusi. Come nella migliore tradizione agli spettatori verrà consegnato un fascicolo che spiega di cosa si tratta, chi è l’autore, la trama, i personaggi, il regista e tutto il resto ma senza dire come la rappresentazione andrà a finire sennò addio sorpresa. Comprese le indicazioni sugli abbonamenti e gli sconti riservati ad alcune categorie di spettatori. Questa volta però dovrà essere distribuito ai termolesi un libretto più completo che integri quello già dato questa estate. Un nuovo fascicolo che spieghi con più dettagli quegli aspetti del progetto che finora sono rimasti poco chiari o completamente nascosti e che, invece, sembrano rappresentare la parte prevalente dell’operazione.

Le soluzioni tecniche vengono utilizzate come giustificativo strumentale: il vero problema non è se il progetto è realizzabile dal punto di vista tecnico ma più semplicemente(?) se sia giusto un tale progetto. La gita aziendale a Vasto (ottimo silos) e ad Atessa avrà certamente fatto vedere un buon uso del cemento armato ma il problema non è questo. La domanda da farsi: è giusto sostenere un progetto che stravolge la città?

I cittadini-spettatori devono conoscere bene cosa il progetto riserva loro, quali delle cose previste saranno a vantaggio di tutti e quali invece saranno a solo vantaggio di pochi.

La maggior parte degli abitanti di Termoli ha avuto la possibilità di vedere soltanto la parte di progetto che riguarda tunnel e parcheggi (perché si fa vedere soltanto quello che sta sottoterra?) e non sa che cosa, in realtà, il progetto prevede (teatro, centro commerciale, appartamenti…). E a che condizioni per la Comunità. Si tratta di una operazione mai vista prima che stravolgerà una ampia parte della città (e non solo la piazza S.Antonio), quella più delicata, e condizionerà anche buona parte del resto del tessuto urbano. Il risultato finale sarà la privatizzazione di tutto il quartiere con un volume costruito o scavato che sarebbe stato impensabile anche nel periodo della peggiore speculazione edilizia. La precisa e utile ricostruzione dei disastri degli ultimi settanta anni (recentemente proposta) è significativa e diventa l’introduzione a un nuovo e peggiore capitolo sulla speculazione. Il cantiere nel quale si sono addestrati i nuovi speculatori e dove hanno imparato tutti i trucchi del mestiere. Settanta anni di massacri urbani diventano la giustificazione a continuare su quella strada. Ai danni immediati che questo intervento procurerà bisognerà aggiungere quelli futuri indotti; un brutto segnale perché legittimerà interventi successivi ancora più devastanti che si spalmeranno su tutta la città. È già successo negli anni passati che un edificio, seppure molto criticato, sia stato copiato e riprodotto in molti altri esempi moltiplicando in tal modo i danni del prototipo.

Una volta si diceva che la “storia è maestra di vita”: la storia di Termoli sembra aver insegnato poco se si fanno sempre gli stessi errori. Se si continua a sostenere progetti che devastano quel poco che è rimasto. Ma probabilmente non è colpa della storia ma di chi vuole cambiare la faccia (ma non solo quella, purtroppo) della città evitando accuratamente il confronto con la gente ricorrendo per un anno a sotterfugi e pretesti arrivando, poi, a proporre un dibattito pubblico che potrà diventare un potente strumento di gestione del territorio ma solo quando anticiperà le decisioni e non dopo.

In fondo, però, si può dire che il nuovo progetto prevede, sia pure in forme aggiornate (su questa architettura è però legittimo avere personali perplessità), una edilizia tradizionale: un’architettura che segue la tradizione dell’occupazione di ogni spazio a quasi esclusivo vantaggio privato. Solo che questa volta l’amministrazione è schierata nettamente e apertamente dalla parte di chi forse costruirebbe anche sulla spiaggia. Già, com’è che non ci avete ancora pensato e vi accontentate soltanto della “vista mare”?

Luigi Marino
Articolo precedenteCarresi, Questura Campobasso: tolleranza zero su violazioni
Articolo successivoTunnel: fantasia e realtà!