TERMOLI _ L’ennesima pagina buia per lo Zuccherificio e per le maestranze coinvolte cade in un momento di enorme difficoltà per l’intera economia nazionale. In Molise la crisi è più feroce, stando alle statistiche fredde e preoccupanti che ci riguardano. Questa dello Zuccherificio, che rischia il blocco della produzione per un anno, non è solo la triste cronaca di una morte annunciata per crisi. La situazione è imputabile solo ed esclusivamente alla qualità – pessima – delle “strategie industriali” messe in campo negli anni dai nostri politici, al tempo stesso “ottimi amministratori, efficienti manager e lungimiranti imprenditori”.

Si apprende che la produzione potrebbe saltare per la mancanza di materia prima e questa volta non parlano i soliti gufi della sinistra. Parlano i fatti, purtroppo puntualmente previsti dal centrosinistra, attento e preoccupato per le sorti dello Zuccherificio. Per rinfrescare la memoria a chi dimentica in fretta e parla sempre di “idee che non ci sono”, sarà il caso di ricordare le proposte avanzate all’attenzione del Consiglio regionale e che, di fatto, anticipavano le nuove problematicità, evidenziate tra l’altro dal manager chiamato a risollevare le sorti dello Zuccherificio del Molise.

“Un confronto schietto, senza riserve, con l’elenco alla mano delle cose che non vanno e lo stupore del manager per aver trovato uno stabilimento trasandato, con macchinari vecchi, in una situazione niente affatto compatibile con gli ingenti investimenti – circa 60 milioni di euro, tra versamenti di capitale e finanziamenti – effettuati negli ultimi due anni dalla Regione”. Le continue, imperterrite iniezioni di denaro pubblico non hanno portato ad alcun risultato evidente: nessun rilancio dello stabilimento, nessuna certezza per le maestranze dirette e indirette, nessuna capacità attrattiva rispetto alla creazione e allo sviluppo della decantata filiera agroalimentare – che, pur essendo connaturata al contesto geografico e storico – è solo esercizio di stile. Persino il manager indivuato per salvare l’azienda mette le mani avanti! Una domanda ce la permetterá l`assessore Scasserra: che fine ha fatto il fantastico Piano industriale da lui cosí tanto decantato con dovizia di particolari durante il Consiglio regionale di due mesi fa? I soliti gufi della sinistra un’idea ce l’avevano. Il 2 febbraio avevamo chiesto garanzie, certezze e condivisione.

Senza la dichiarazione ufficiale dei bieticoltori in merito alle decisioni deliberate dalla Giunta regionale non possiamo affrontare l’operazione ricapitalizzazione” avevamo detto allora. In Consiglio regionale poi avevamo richiamato l’attenzione dell’assise sul percorso che si sarebbe dovuto intraprendere: avviare subito le procedure per la ristrutturazione del debito per rendere fattibile la dichiarata volontà di cedere a terzi la partecipazione azionaria regionale; accertare la consistenza finanziaria delle somme versate dal socio privato; accertare la destinazione dell’ultima anticipazione fatta, nel settembre 2011 e a ridosso della scadenza elettorale, dalla Regione all’azienda per 4 milioni di euro; dare mandato alla Giunta regionale di attivarsi presso lo Stato e l’Unione europea per intraprendere qualsiasi iniziativa atta a garantire la continuità aziendale. Avevamo evidenziato come la sola ricapitalizzazione, per la quale si impegnava il Consiglio regionale, era contraria alle disposizioni legislative e inefficace nel garantire la continuità aziendale perché insufficiente a garantire le spettanze pregresse dei bieticoltori.

La maggioranza di centrodestra ha scelto un’altra strada. Il risultato è che ci sono solo seimila ettari di bietole coltivate, meno della metà di quanto occorra per bilanciare costi e ricavi. I bieticoltori devono ancora ricevere il saldo della scorsa campagna bieticola, una cifra che supera i sette milioni di euro. Non c’è alcuna ragione economica che spinga ad avviare la produzione visto che, con iI quantitativo di barbabietole ad oggi disponibile, i costi di trasformazione risultano esageratamente elevati rispetto ai potenziali ricavi. La società, per intero della Regione Molise, dopo la nuova ricapitalizzazione deve decidere se produrre ancora una volta in perdita o collocare i circa 100 dipendenti in cassa integrazione e avviare una profonda ristrutturazione degli impianti. Gli spettri di sempre. Pagati a carissimo prezzo.

Paolo Di Laura Frattura

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2 Commenti

  1. ci siamo seccati la lingua
    Sono mesi che lo andiamo dicendo. Ci siamo seccati la lingua. Lo zuccherificio va chiuso. E’ fallito.Punto. Invece no. Ecco altri 7 milioni di euro buttati in quell’accozzaglia di ferrivecchi. Anche questo lo avevamo detto in tempi non sospetti. E’ un carrozzone obsoleto. Avevamo detto che non c’erano agricoltori disponibili a seminare bietole. Tutto scritto. Denunciato. Ripetuto. Solo un pazzo avrebbe scommesso ancora dei soldi buoni in un’impresa ormai decotta. Invece no. Quel solone di Di Rocco ha messo in moto ancora la macchina burocratica, che significa soldi, soldi e ancora soldi da buttare al vento. HAnno nominato un nuovo amministratore, un tecnico di altro profilo. C’era bisogno di un luminare dell’economia di tale fatta per sentirci dire che lo zuccherificio è un catorcio? L’assessore Vitagliano che è uno degli sponsor di questo ennesimo spreco… 7 milioni di euro pubblico, nostre risorse, sudati soldi dei contribuenti,hai buttato in quella fogna. Vitagliano … Sarebbe l’unica cosa giusta… fallito!

  2. CHIUDETELO
    Chiudetelo per favore!!!! Basta buttare soldi al vento!!! Diamo 50.000 euro giovani ingegnosi che propongono un’idea imprenditoriale da sviluppare, piuttosto che continuare a dare soldi allo zuccherificio, che in 40 anni ha sempre chiuso in deficit l’anno amministrativo! E la regione, ogni anno, a ripianare i debiti!!! Chi non è in grado di amministrarsi, deve chiudere per fallimento, come qualsiasi altra attività!!!Ma lo zuccherificio