TERMOLI _ Il dibattito parlamentare sui cinque punti del programma di legislatura si è concluso con un voto di “fiducia” tanto ampio numericamente, quanto insidioso e sostanzialmente effimero politicamente. Provo a chiarire il concetto. Futuro e Libertà per l’Italia, benchè non ancora organizzato come partito, di fatto gia’ costituisce la terza, determinante, gamba di una maggioranza politica che, fino ad oggi, aveva come referenti due sole formazioni : il PDL e la Lega Nord.

Se proviamo a guardare il fenomeno nuovo con l’occhio scevro da pregiudizi di carattere personale o di parte, non possiamo non convenire sul fatto che la formazione che fa capo al Presidente della Camera dei Deputati è figlia della (irresponsabile) sottovalutazione di un dato politico, che il PDL aveva promesso e che invece ha tradito nella pratica: quello di costruire un Partito nuovo nell’organizzazione e nei fondamenti politico-culturali.

Un Partito che avrebbe dovuto arricchirsi delle diverse esperienze maturate dall’incontro tra le culture liberale, socialista, cattolica e riformista. Se oggi invero FLI può accreditarsi come l’interprete e l’erede di quella tradizione politica propria della destra italiana,identificabile nella lotta alla partitocrazia,nel solidarismo, nella rivendicazione del primato della identità e dell’unità nazionale, è proprio perchè è mancata da parte del PDL la capacità o la volontà di dare concreta attuazione a quei principi innovativi ed alle idee modernizzatrici di un sistema che si trascinava senza possibilità di futuro.

Il confronto-scontro tutto interno al centro destra, che di fatto paralizza ogni ipotesi riformatrice ( anche sui punti sui quali è stata chiesta ed ottenuta la larga “fiducia” parlamentare) era già ben evidente e delineato allorquando l’on. Fini, prendendo la parola al congresso di fondazione del PDL nel marzo del 2009, ebbe a strappare l’attenzione e la foga autocelebrativa della platea ,restata ammutolita ed attonita, riportandola ai temi e problemi che costituivano ( e costituiscono) la piattaforma riformatrice del Governo: il federalismo solidale, il mezzogiorno, l’ immigrazione e la integrazione, la giustizia, il lavoro, i giovani, l’equità sociale.

Sin da allora le divergenze di impostazione e di approccio tra le due più grandi componenti politiche fondatrici del PDL ( FI e AN) erano evidenti e l’abbraccio tra i due leader su quel palco seguito al discorso di Fini, non fu niente altro che una coperta mediatica che già all’epoca era fin troppo corta .

Ed ancora più irresponsabile e colpevole si evidenzia l’atteggiamento di chi non vuole prendere atto che i temi politici vanno affrontati e risolti sul piano della Politica, dando risposte convincenti, attivando mezzi di partecipazione qualitativamente e quantitativamente meno scadenti di quelli attuali, mettendo mano organizzativamente agli organigrammi disegnati dall’alto, con dirigenti cooptati dai vertici in ragione delle diverse convenienze e dei diversi localismi.

“Rilanciare il PDL andando oltre il PDL originario…” ha detto il sen. Quagliariello nel suo intervento in aula in occasione della fiducia al Governo. Il proposito è condivisibile, ma sarebbe opportuno che qualcuno ci spiegasse finalmente la ragione per la quale ad oltre sedici anni dal crollo della prima Repubblica si è di fatto arenata in Parlamento ogni concreta prospettiva riformista a cominciare da quella sulla Giustizia di fronte alla quale si sono già infrante diverse legislature. Al punto in cui siamo credo proprio che anche quella attuale subirà la medesima barbara sorte.

(avv.Oreste Campopiano)
Segr.Reg.Molise N.PSI

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