Michele Iorio
CAMPOBASSO _ “Sicuramente è “impossibile comprendere” –come scriveva Levi in “Se questo è un uomo”- “la tempesta devastante” che nella prima metà del‘900 si abbatté sul popolo ebraico in gran parte dell’Europa, oggi più che mai però è necessario conoscere le motivazioni razziali, culturali, economiche, sociali e strategiche che la resero possibile. Una necessità che scaturisce dal non dover “dimenticare, e dunque non accettare –ci ricorda Elisa Springer nel “Il Silenzio dei Vivi”- con indifferenza e rassegnazione, le rinnovate stragi di innocenti”.

È allora compito delle Istituzioni, della scuola e di tutti i settori più dinamici e avveduti della società fare in modo che la memoria di quei fatti, l’angoscia, la disperazione, l’umiliazione e quindi l’eliminazione, che per la prima volta nella storia dell’uomo avvenne con un sistema industriale, di sei milioni di bambini, donne, uomini, anziani, portatori di handicap, zingari, omosessuali, intellettuali non allineati e avversari politici, non venga cancellata. L’indifferenza che serpeggia in alcune parti della nostra società, senza parlare poi del negazionismo di alcuni leader politici del mondo, o addirittura della condivisione di taluni movimenti neonazisti o xenofobi operanti in diverse realtà internazionali, rappresentano un ennesimo sopruso e una rinnovata umiliazione alla memoria di tutti coloro i quali persero la vita nei campi di sterminio e in esecuzioni sommarie o violenze gratuite.

Un’offesa che non possiamo e dobbiamo permettere si perpetri nuovamente. La società del terzo millennio ha ancora molto da imparare dalla Shoah e dalle sue vittime, da come esse seppero affrontarla senza farsi privare della dignità e nonostante tutto della speranza. La giovane Anna Frank scriveva nel suo diario: “È davvero meraviglioso che io non abbia lasciato perdere tutti i miei ideali perché sembrano assurdi e impossibili da realizzare. Eppure me li tengo stretti perché, malgrado tutto, credo ancora che la gente sia veramente buona di cuore”.

Dobbiamo dunque credere che la gente di questo pianeta sia buona di cuore, ma per far si che essa lo sia davvero è imperativo che l’umanità sappia imparare dai suoi errori, sappia fare ammenda, sappia chiedere perdono e sappia rendere concreto quel “mai più” che all’indomani dell’apertura dei cancelli di Auschwitz gridarono tutti coloro che lo visitarono trovandosi dinnanzi a scene disumane e di indicibile crudeltà e squallore. Invito dunque le scuole e tutti i cittadini a vivere questo giorno dimostrando rispetto per le vittime del nazifascismo e ricercando nella nostra cultura, nei nostri valori e nei nostri principi, gli anticorpi per far si che la “peste” del razzismo e del totalitarismo non abbia più a corrompere il corpo di questa umanità”.

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