LARINO _ Un cambio di prospettiva che rompe i classici schemi della contrapposizione tra favorevoli e contrari alla rivisitazione della Costituzione della Repubblica Italiana, agendo sulle leve dell’implementazione dei diritti di sussidiarietà e partecipazione civica alla vita pubblica. Ad offrire un ulteriore tassello nel dibattito avviato da tempo dal Centro di Servizio per il Volontariato “il Melograno”, è stato, ieri pomeriggio – 9 aprile – il prof. Giovanni Moro, relatore dell’incontro incentrato sul tema “Cittadinanza e Costituzione”, che si è svolto nella Sala della Comunità di Larino. Presidente della “Fondazione per la cittadinanza attiva”, per anni segretario generale del movimento di Cittadinanzattiva, il professor Moro ha scardinato le visioni antitetiche che vogliono, da una parte, una Costituzione ferma e “ingessata”, mentre dall’altra trattano la Carta del 1948 come un “cimelio”, da ridisegnare su improbabili esigenze di una maggiore governabilità del Paese.

Il rapporto tra cittadini e Costituzione resta forte e ricco – ha esordito Moro, ricordando che – la Costituzione italiana assicura ai cittadini un ampio catalogo di diritti, che di converso rappresentano per lo Stato altrettanti doveri alla rimozione degli ostacoli che possano comprimere l’effettiva fruizione degli stessi. Sia che si tratti di diritti individuali, sia che in gioco vi siano quelli collettivi, come ad esempio la libertà di associazione”. Ma dal 1948 ad oggi, alcuni mutamenti del “sentirsi cittadini” e la conseguente emersione di nuove forme di attivismo nella vita pubblica, hanno imposto una visione dinamica della Carta Costituzionale.

Ed è proprio nel settore della partecipazione pubblica alla vita della nazione che, per Giovanni Moro, c’è bisogno di scardinare il concetto, per tanti anni imperante in Italia, in base al quale il cittadino è stato visto soltanto come “beneficiario finale” dei diritti. Senza che, di converso, potesse, attraverso l’associazionismo e la partecipazione, rendere effettivi tali diritti, anche prendendosi cura direttamente di questi, delegandolo alle sole istituzioni repubblicane il monopolio della funzione pubblica. Così, è possibile tracciare una “terza via” della riforma costituzionale, sulla scia della riforma del Titolo V della Carta, quando l’art. 118 fu emendato sulla scorta di una nuova concezione del principio di sussidiarietà, disciplinando tanto il rapporto tra le diverse istituzioni dello Stato (sussidiarietà verticale), quanto e soprattutto il “nuovo” rapporto tra Stato e cittadini (sussidiarietà orizzontale). “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”, recita l’ultimo comma del nuovo art. 118, introducendo così, dal 2001, il nuovo concetto di sussidiarietà cosiddetta circolare tra istituzioni e cittadini, che a sua volta ha introdotto anche il principio di cooperazione tra Stato e libere associazioni di cittadini.

Garantendo così a queste ultime di poter “prendersi carico” di alcuni settori della vita pubblica (ad esempio la sanità, l’ambiente, i diritti civili) senza rischiare, come per decenni è accaduto, di essere denunciati e processati per “usurpazione di pubblico servizio. In conclusione, il professor Giovanni Moro ha tracciato la strada della riforma costituzionale, proprio lungo il solco della riforma dell’art. 118, giudicata come “un significativo passo in avanti nei rapporti tra Stato e cittadini, anche perché tale riforma nacque proprio dalla società civile, all’esterno del Parlamento. Dunque, si può e si deve parlare di riforma della Costituzione, purchè il cambiamento non metta in discussione le conquiste sociali ottenute finora, ma anzi le arricchisca”. “il Melograno”

Articolo precedenteSabatini di Molise Acque a Roma per programma europeo Intelligent Energy For Europe
Articolo successivoRomagnuolo risponde a polemiche su scuole definanziate