TERMOLI _ Il CSV “il Melograno”, anche in rappresentanza del Centro di Servizio ACESVO di Campobasso – insieme con Conferenza Regionale Volontariato Giustizia e CSV Abruzzesi –, ha sottoscritto il 5 marzo 2010, a Pescara, il Protocollo d’intesa in vista della collaborazione del volontariato all’applicazione delle norme in materia di “misure alternative alla pena detentiva”. A conclusione di trattative ed incontri protrattisi nell’arco dell’anno, il documento consentirà di aggiungere un sia pur piccolo tassello nella costruzione di un percorso capace di dare concretezza all’art. 27 della Carta Costituzionale secondo il quale “le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”. In questo senso, da tempo, associazioni di volontariato sparse sul territorio della penisola continuano a profondere il loro impegno, creando anche una rete – la Conferenza Volontariato Giustizia – che raggruppa a livello regionale e quindi nazionale le associazioni di volontariato carcerario, ed ha stipulato importanti protocolli col Ministero della Giustizia.
Tutto ciò è segno del valore di principio attribuito dall’ordinamento penitenziario alla partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa ed al reinserimento sociale del reo ed è prova del riconoscimento del ruolo di raccordo fra istituzioni e territorio svolto dal volontariato quale strumento di attenzione della società civile ai problemi dell’esecuzione penale.

In quest’ottica – in attuazione di precise disposizioni ministeriali – anche nelle regioni di Abruzzo e Molise, Amministrazione Penitenziaria, Conferenza Volontariato Giustizia e Centri di Servizio per il Volontariato hanno ritenuto di dover stilare un accordo teso a realizzare una proficua e continuativa collaborazione sullo specifico tema dell’esecuzione penale esterna tra l’Ufficio a ciò preposto ed il volontariato, riconoscendo l’importanza di quest’ultimo tanto nel percorso riabilitativo dei soggetti che scontano la pena in misura alternativa alla detenzione, quanto nella promozione della cultura della legalità. L’accordo mira a perseguire obiettivi importanti a cominciare dalla creazione di un linguaggio comune tra operatori penitenziari e volontari al fine di stabilire una comunicazione efficace nell’operatività quotidiana; per giungere ad incrementare la riflessione circa i bisogni dei soggetti che scontano la pena in misura alternativa alla detenzione, e delle loro famiglie, allo scopo di promuovere, a livello distrettuale e locale, iniziative finalizzate a favorirne l’inclusione sociale. Accanto a ciò appare essenziale incentivare la cultura della legalità attraverso la promozione della riparazione del danno che l’illecito ha procurato alla società e la diffusione della conoscenza del significato delle pene alternative alla detenzione.

Azioni prioritarie da promuovere in vista della realizzazione di tali obiettivi sono individuate nella promozione di occasioni di formazione ed aggiornamento congiunti tra operatori degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) e volontari delle diverse associazioni del territorio in vista di progetti e collaborazioni diretti ad incrementare le opportunità di reinserimento dei condannati in esecuzione penale esterna agevolandone la partecipazione alle attività non retribuite svolte dalle associazioni di volontariato e dagli organismi del privato sociale: la partecipazione a tali attività oltre a realizzare la riparazione del danno nei confronti della società, aiuterà il reo a rielaborare in senso critico la sua condotta antigiuridica e ad adottare scelte di vita accettabili socialmente.

Al raggiungimento di tale scopo gioverà anche una più adeguata conoscenza – da realizzare attraverso incontri e percorsi formativi – della natura e del contenuto delle singole misure alternative alla detenzione e delle modalità della loro esecuzione, affinché l’opinione pubblica possa comprenderne i fondamenti e considerarle come delle risposte adeguate e credibili ai comportamenti delinquenziali. Una sfida interessante che i Centri di Servizio affrontano nella consapevolezza delle difficoltà legate al permanere di stereotipi e pregiudizi che non di rado attecchiscono anche nelle associazioni di volontariato. Accogliere tra i volontari una persona riconosciuta colpevole di reato può destare qualche perplessità tra quei volontari che non abbiano acquisito fino in fondo – e purtroppo non mancano – quei valori che la Carta Costituzionale considera irrinunciabili e che proprio il ‘cittadino volontario’ dovrebbe scegliere emblematicamente di concretizzare. L’inclusione sociale è tra questi: recuperare il colpevole di reati ad una civile convivenza ne rende la vita più degna di essere vissuta e rende migliore l’intera società.

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