Chiesa di San Nicola (foto C.L.Smoke)ISOLE TREMITI _ Sbarcando a San Nicola, oppure a San Domino, si avverte come dolce carezza la rivelazione di un mistero remoto. Rivive nell’aria l’incanto perpetuo di sensazioni eterne. Quel che più ci coinvolge nella certezza di essere privilegiati, consiste nella scoperta continua di arcani stimoli emergenti dalla pacifica consuetudine di muoverci nella scenografia pura e trasparente di un paese incantato. E’ un miracolo continuo che non osserva tempi, convenzioni, ricorrenze.

Non dobbiamo mai cedere a quella debolezza che indurrebbe a ricomporre la scansione vitale dei migliori attimi in segmenti temporali regolati dalle stagioni, da vicende meteorologiche o dal calendario. Si tratta pur sempre di dettagli provvisori soggetti alla fluttuazione di dati capricciosi come la temperatura, i venti, le precipitazioni. La portata della meraviglia che ci commuove si rappresenta piuttosto correlata all’unicità di un fenomeno inscindibile, reso ancora più palpitante dalla risonanza di eventi passati, dall’agitarsi di figure maestose le cui onde cerebrali fluttuano attraverso l’atmosfera dell’eternità in simbiosi con le evoluzioni dei gabbiani e con il ritmo incessante della risacca. L’energia singolare che avvertiamo sprigionarsi naturalmente dalle meraviglie dei luoghi più coinvolgenti è costituita principalmente di sensazioni forti, di espressione dell’animo, di trasmissione di un pensiero che presuppone la conoscenza del mondo, non soltanto nella sua parte naturale, ma anche di quello sensibile, creativo e scientifico.

Tutti noi che abbiamo scritto e parlato delle Isole Tremiti, il più delle volte non abbiamo detto il vero, ma solo ciò che avevamo la presunzione d’intendere. Da parte mia ritengo che la sola chiave valida per testimoniare una prioritaria onestà intellettuale sia la giustapposizione a quella sorta di umanesimo etico (pervaso da una grande inclinazione cosmopolita) da cui dovrebbe muoversi ogni segnale della mente retta. Parlo di segnali, non di linguaggio o di parole, perché queste – nel grande limite che sottintendono – corromperebbero inevitabilmente, o quanto meno ridurrebbero la portata concettuale del pensiero.

Camminando fra gli scogli emergenti sul limitare delle onde, oppure poco più all’internoIsola di San Domino: pino d'Aleppo. (foto C.L.Smoke) coinvolto nell’abbraccio dei pini d’Aleppo, mi sono riscoperto quasi archeologo intento a riesumare stupefatto una verità perpetua. I sentimenti di commozione, di estasi, di attrazione continua verso la conoscenza, si rivelano avvicinabili ad una sorta d’istinto rinascimentale, a quella componente romantica che potremmo riconoscere ispirarsi a Schiller, soprattutto nella sistematicità. La stessa percezione può forse intravedersi nel pensiero di molti intellettuali del nostro tempo, quando riconoscono nel genio creativo qualcosa di analogo alla componente infantile che permane, in varia misura, nell’animo di ciascun adulto. Così la storia dell’umanità, in ogni epoca, vive il rinnovamento di eventi del passato in una sorta di rifrazione attraverso nuove luci che al tempo stesso dischiudono all’esperienza strade  inusitate.

E’ assiomatico che qualunque ricerca, ogni espressione della creatività, non può certo prescindere dalla storia, dalle conquiste culturali avvenute precedentemente, né dai principi primordiali da cui dipende la formazione morale dell’uomo. Se è vero che ogni luogo ci parla, allora dobbiamo riconoscere che le Isole Tremiti si esprimono con una musica immortale, una sinfonia ineffabile che penetra in noi mentre ci riconduce a far parte della natura e della storia. E’ un coinvolgimento dal quale scaturisce, con ogni evidenza, l’importanza della contemplazione, uno degli strumenti più significativi usati dai filosofi come tramite dal pensiero all’espressione, saltando in qualche modo il passaggio attraverso la parola. Non esiste probabilmente altra struttura che, come l’ambiente naturale, riesca ad assimilarsi al monumento per evidenziare la precarietà della parola nei confronti di un luogo silenzioso, intatto nella propria originaria perfezione.

Ma tutto questo riconduce anche al sentimento della bellezza. Ed è inoltre avvisaglia di una frantumazione che pone in rilievo – accanto alla perdita del luogo specifico dell’estetica – l’insorgere di un’affermazione del bello che elegge a proprio luogo l’arte stessa. La centralità, la locazione del bello si trasferisce in una terminologia che spazializza in realtà un determinato segmento temporale. E’ vero, per noi l’assoluta bellezza non possiede più una collocazione certa in luoghi tipici, non può contare propri spazi fisici, ma al tempo stesso tuttavia essa ha luogo, quindi avviene. Ciò si verifica più in generale nello spirito umano, perché è l’animo la vera sede, il territorio autentico della bellezza.

E inoltre, ritrovare la centralità attraverso lo stesso conflitto che esiste tra un’estetica muta e la parola – e individuarne l’ubicazione nel momento atipico ma più qualificante di un necessario rapporto con ciò che viene detto, come avviene infatti per il monumento – è proprio il momento classico del romanticismo, vissuto però nella sua espressione più intensa e positiva, di profonda creatività. Risulterebbe quindi una conquista tutt’altro che deteriore voler recuperare all’uomo una posizione di privilegio, quella stessa centralità concepita dall’ideale romantico.

San Nicola: antico pozzo nel primo chiostro (foto C.L.Smoke)E relativamente alla storia, alla civiltà, al progresso, non è possibile stabilire in termini chiari, inequivocabili, quale sia la posizione eticamente più giusta per l’intellettuale.
Per quanto mi riguarda, dalla parte dei filosofi che considero miei maestri, ho sempre  inteso schierarmi a fianco dell’uomo con l’intento di portarne in primo piano la parte più pregiata: la ragione, la sede della creatività, lo strumento capace di trasformare il corso della storia attraverso il proprio intervento.
Penso che il potere della mente si caratterizzi con maggiore intensità quando se ne accosti la specifica essenza alla solennità dell’ambiente. Nella genesi di un’opera letteraria, filosofica, artistica, musicale o scientifica si determina la contrapposizione fra l’elemento vitale e quello immobile, fra la forma cristallizzata e quella in divenire. L’intento dello studioso è in effetti quello di prospettare l’instaurazione di nuovi schemi che modifichino l’atteggiamento dell’intelletto inglobandovi lo stupore per l’ambiente in modo da offrire agli abitanti della terra la possibilità di un nuovo dialogo col naturale. In tale situazione d’imperturbabile armonia, l’uomo potrà sviluppare la propria sensibilità creativa.

Ecco dunque come vedo sintetizzarsi dalla nostra simbiosi con il teatro naturale delle Isole Tremiti l’utilità etica di un pensiero innovativo:
riportare l’umano al centro dell’azione di trasformazione. Gli strumenti sono la poetica spontanea dello sguardo, una simbologia emblematica, il recupero della memoria come componente della creatività, l’arte, la scienza, la storia risultano sempre primo piano, perché impersonate dall’uomo stesso.

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