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CAMPOBASSO _ Stiamo per festeggiare i centocinquant’anni dell’Italia unita e in vista di quest’importante ricorrenza una serie di riflessioni si rende necessaria. Questo anniversario non deve costituire l’occasione per speculazioni o riletture della storia che non ne rispettino il reale corso e calpestino la memoria di chi, per quell’ideale, ha sacrificato la propria vita. E l’unità ed indivisibilità della nostra patria, così come è sancito dalla carta costituzionale, non devono essere messe in discussioni da leggi che accentuino la diseguaglianza tra le aree più sviluppate della penisola e quelle meno fortunate. Il federalismo, così com’è prospettato, rischia di dividere anziché unire accentuando il divario tra meridione e settentrione. Non è questo che vogliamo, non ce lo possiamo permettere in questo momento di forte difficoltà economica ed occupazionale.

La forza dell’Italia unita è sempre stata questa: la fusione di più culture, la diversità intesa come valore aggiunto e non come limite. Come il Sud ha avuto bisogno del Nord, il Nord ha sempre avuto bisogno del Sud. Il nostro paese necessita di unità per essere più competitivo. Nel 1861, come scrisse Benedetto Croce, il napoletano dell’antico regno ed il piemontese del regno subalpino “si fecero italiani non rinnegando il loro essere anteriore ma innalzandolo e risolvendolo in quel nuovo essere”. Da quest’esigenza di confluenza delle varie culture in una sola entità nacque l’Italia, da questo punto di partenza si è arrivati ad un’unità culturale, sociale, economica.

Traguardi che ora vengono messi quotidianamente in discussione con politiche che tendono a screditare l’immagine del meridione paragonandolo ad un parassita. Ma non sarà questo federalismo a risolvere i problemi dell’Italia e dei suoi conti pubblici. Mi auguro che l’Italia, in questa fase politica di difficoltà, approfittando di questa ricorrenza finisca per rinsaldare la sua coesione sociale, trovando così la forza per la soluzione dei problemi che l’attanagliano; perchè, come ha dichiarato recentemente il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, “quest’impegno si nutre di un più forte senso dell’Italia e dell’essere italiani, di un rinnovato senso della missione per il futuro della nazione”.

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