LA NORMATIVA INDIVIDUATA DAL GOVERNO
Il Consiglio dei Ministri ha inserito nel Decreto Ronchi una norma attraverso la quale dovrebbero attivarsi i cosiddetti contratti di disponibilità per i lavoratori precari della Scuola. Dalle prime anticipazioni, non essendo ancora disponibile il testo, è evidente che il Governo non ha accolto nessuna delle richieste sindacali e persevera in una proposta fumosa, insufficiente e iniqua. Dalle parole del Ministro, non risulta chiaro quali siano i destinatari di tale provvedimento ed in particolare è preoccupante il silenzio sul personale ATA.
Emerge con sempre maggiore chiarezza che non si tratta di misure aggiuntive a quanto già previsto dalle leggi vigenti, circa requisiti e modalità di accesso al trattamento di disoccupazione ordinaria. Circa la priorità per l’assegnazione delle supplenze brevi assegnate dalle scuole (che in ogni caso ci sarebbe stata), si annullano di fatto le attuali graduatorie d’istituto, introducendo una pesante discriminazione tra i lavoratori precari oltre a configurare una forma di contratto che sembra debordare dalle normali caratteristiche dei rapporti di lavoro subordinato. Non c’è nessuna estensione degli ammortizzatori sociali, nessuna risorsa in più per i precari, si confermano i tagli previsti anche per i prossimi anni, non c’è nessuna certezza sulle stabilizzazioni del personale docente e ATA.
GLI ACCORDI REGIONALI Sull’altro strumento che l’amministrazione intende utilizzare per intervenire sui precari si può rilevare che con gli accordi regionali si esplicita e si incoraggia uno strano concetto di “devoluzione federalista” in cui lo Stato prima taglia i servizi scolastici poi chiede alle regioni di ripristinare gli stessi servizi con risorse regionali. Bisogna sottolineare la pericolosità di questa impostazione che porta ad una articolazione della proposta formativa regionalizzata condizionata dalle disponibilità economiche delle varie regioni e prelude anche ad interventi di sostegno per i precari della scuola in base alla “provenienza territoriale”.
E’ azzardato proporre soluzioni che vedano i docenti precari reindirizzati su altri settori. Così come è assurdo proporre ai precari corsi di formazione in qualità di allievi anche se di alta formazione. Bisogna comprendere che qualsiasi soluzione non può prescindere da una visione forte che deve necessariamente guardare al di là dell’anno scolastico che sta per iniziare”. In merito alla proposta avanzata dal Governo regionale che presuppone l’utilizzo dei fondi comunitari, il consigliere regionale Danilo Leva sostiene che “è assolutamente insufficiente ad una soluzione della problematica che investe i precari perché potrebbe finanziare soltanto azioni formative. Il che in parole povere significa che da docenti si diventa alunni. Con quali nuove prospettive?”
In sintesi, infatti, a quanto è stato possibile apprendere, la Regione Molise sembrerebbe intenzionata a firmare un accordo sul modello di altre regioni come la Lombardia o la Puglia con una sola, macroscopica differenza: i suddetti governi regionali impegneranno risorse cospicue (15 milioni di euro la prima e 22 milioni la seconda). “Lo scenario è esattamente questo: bisogna, anzi si deve avere il coraggio di compiere scelte forti e anche scomode se l’obiettivo è il taglio della spesa, e conseguentemente dei posti. Il governo centrale in questo modo ha passato la “patata bollente” in mano alle regioni scaricando grandi responsabilità. E oggi il governo regionale è chiamato a cercare la strada migliore anche se questa potrà essere dolorosa. Adesso è il momento delle scelte per l’Esecutivo regionale che oggi si trova di fronte il risultato di scelte politiche passate improntate forse con superficialità” sottolinea il consigliere Leva. La proposta Gli interventi e i progetti dovranno rispondere all’esigenza di innalzare la qualità complessiva dell’offerta formativa e a favorire l’innovazione didattica e dovranno intervenire su:
• l’allungamento/ripristino del tempo scuola;
• un efficace rapporto docenti/alunni (tenendo presente le garanzie per gli alunni diversamente abili) e il connesso incremento del tempo scuola individuale;
• un intervento specifico sulle situazioni di disagio sociale;
• un diffuso potenziamento dell’offerta formativa. I NUMERI DI UNA NORMA IMPOSSIBILE Il provvedimento interesserà circa 12 mila docenti che fino allo scorso anno hanno avuto supplenze annuali. I precari diventati “invisibili” sono invece oltre 25mila. Saranno 13mila circa i precari che di colpo diventaranno invisibili. . In particolare tra gli aiuti ai precari non vengono menzionati gli Ata: bidelli e personale scolastico di segreteria. “Le previsioni non sono rosee, dati alla mano. In tre anni il tetto dei precari della scuola è destinato ad aumentare fino sopra le 100mila unità. Assicurare una quota di stipendio a tutti sarebbe una colossale operazione di assistenzialismo che manderebbe a picco i bilanci regionali. Per questo le scelte coraggiose sono determinanti per il futuro, se davvero si vuole salvare il Molise dal baratro del collasso economico, professionale e di prospettive” sottolinea il consigliere regionale Danilo Leva.
STELLA ERRANTE
Maria Star ha detto: «C’è stata una strumentalizzazione pesante da parte della sinistra che ha cercato di far credere che la piaga sociale del precariato abbia origine con questo Governo». Negli anni ’80 e ’90 si è proceduto ad abilitazioni di massa. 125.000 persone sono entrate nelle graduatorie e altrettante sono state chiamate a fare supplenze brevi senza aver superato concorsi. «La scuola è stata trattata come un ammortizzatore sociale e oggi se ne pagano le conseguenze». Lei Come al solito accusa la Sinistra, come se la Sinistra di oggi fosse la stessa di 20 o 30 anni fa. Ma i conti in tasca loro del Governo attuale se li sono fatti più che bene!E non sono certo migliori di chi li ha preceduti in Sessant’anni! Intanto il mercatificio di Abilitazioni a noi è costato molti soldi, anni e anni di studio e anni e anni di precariato e di esperienza che lei non ha e non ha mai fatto prima di ricoprire una carica così importante. Vergogna! Vogliamo Umberto Eco alla Pubblica Istruzione