“La contrazione dei dipendenti dello stabilimento di Mirafiori da 50.000 a 5.000 ha rappresentato una grossa ristrutturazione che credo abbia fatto anche bene alla città di Torino. Diverso è il dramma nel Sud, in cui l’unica fonte di lavoro è rappresentata da questi stabilimenti sparsi negli anni Settanta in tutta Italia, la cui chiusura genera drammi inenarrabili che vediamo tutti i giorni per televisione. Ho notato una certa impotenza da parte del Governo.
A crisi si aggiunge altra crisi. Non sono tra coloro che oggi si scagliano contro la FIAT accusandola di aver beneficiato di tanti incentivi, ma ricordiamoci quando negli anni Settanta le zone appenniniche – all’epoca ero sindaco di un piccolo Comune della zona – furono svuotate totalmente perché si fece questa industrializzazione selvaggia lungo la costa. Parlo della stabilimento di Termoli nel Molise; si svuotarono totalmente alcuni territori modificandone la struttura sociale. Oggi non vogliamo che con un colpo di spugna si generino tragedie e drammi in quelle aree. Oltre a Termini Imerese, nel Meridione c’è tutta una rete di stabilimenti FIAT (mi riferisco a Pratola Peligna, a Cassino, a Pomigliano d’Arco), che sono a rischio. Ecco perché credo che un Governo serio debba avere in materia una politica industriale seria da portare avanti. Ci vogliono scelte strategiche”.
E, rivolgendosi al Ministro Scajola, il parlamentare molisano ha affermato: “Approfitto della sua presenza, signor Ministro, perché so che lei in questi giorni sta trattando anche la crisi della più grande fabbrica di moda italiana che risiede nella mia Regione. Mi riferisco all’Ittierre: ebbene immagini una fabbrica con 1000 e più dipendenti, con un indotto enorme, in una Regione di 320.000 abitanti e che dramma si sta vivendo. Ci sono pezzi del nostro territorio meridionale, signor Ministro, dove oltre a queste crisi ce ne sono altre, decine, centinaia: è questa la vera crisi che oggi c’è in Italia. A Termini Imerese va aggiunto quanto accade in Puglia, in Basilicata e altrove.
Ecco perché non è possibile che in queste Regioni si lanci il nucleare e mi riferisco anche alla direttiva sul nucleare di qualche giorno fa, nella quale al Parlamento è stato impedito di inserire criteri seri sull’allocazione: come si fa a parlare di nucleare in Sicilia, dove il deficit ambientale è arrivato oramai a indici di parossismo assoluto? Credo che la soluzione non sia questa. Credo che la soluzione sia mettersi intorno ad un tavolo e cercare di rilanciare l’economia italiana, non in opposizione a quella del Nord ma pensando che la questione meridionale è anche una questione di ordine nazionale. Credo che vada ripensato il nostro sviluppo meridionale: non siamo parassiti, siamo gente che vuole lavorare per poter rilanciare l’economia e poter dare il pane a chi oggi è senza, in certi territori”.