LARINO _ Gli ultimi 40 anni di sviluppo a Larino si sono caratterizzati per l’espianto della popolazione dal centro storico verso il Piano San Leonardo, nell’illusione che bastassero abitazioni più grandi e confortevoli per il miglioramento sociale dell’intero paese. Non piangiamoci troppo addosso. Questo è stato il destino di quasi tutta la nostra nazione: c’è chi ha saputo recuperare, pur partendo male. Che sia stato fatto un errore lo dimostrano i dati di oggi.

Ci ritroviamo addirittura con due paesi. Dei due, il centro storico, nonostante sia spopolato, mantiene un tessuto sociale ancora discreto; l’altro, sebbene più popoloso, manca di coesione, oggettivamente difficile. Qui c’è la necessità di costruire un tessuto mai creatosi per davvero: se non fosse per le iniziative di associazioni volontarie, saremmo proprio all’anno zero. Purtroppo è una lotta impari, perché la dispersione edificatoria ed abitativa la fa da padrone. Secondo me, è addirittura determinante nel creare spaccature ed impedire l’aggregazione. La stessa mancanza di maturità politica è, parzialmente, una variazione su tale tema. Divisi in due paesi, con altre 2,3 zone semiperiferiche e quasi 1000 abitanti nelle campagne, c’è difficoltà ad incontrarsi e conoscersi. Figuriamoci a fare il resto.

Cosa si può fare per recuperare una situazione disperata? Per primo, rassegnarsi all’idea che il Piano San Leonardo è un paese a se stante dal Centro Storico; quindi crearvi punti di aggregazione degni di questo nome e limitare il traffico veicolare. Fin quando nell’organizzazione della cittadina daremo mentalmente la priorità ad una autovettura piuttosto che ad un passeggino (come avviene ora), non ci sarà speranza. Occorre dare dignità al Piano San Leonardo tramite un piano urbanistico. Ritengo che mettere al centro del tutto l’unica zona pianeggiante che c’è, quella che va dal tribunale al campo sportivo, possa rappresentare un principio di soluzione. Farne perciò una zona franca dal traffico,cercando poi di integrarla con altre due zone fondamentali: la villa Zappone, con il verde e l’anfiteatro; la chiesa dei Santi Martiri, con le sue strutture sportive e ricreative, Curia permettendo. Potrebbe essere un progetto ambizioso, impossibile da realizzare per questioni economiche. Ma occorre parlarne ed anche sperimentare il minimo che si può fare, perché se un giorno ci sarà una possibilità di fondi, lì bisognerà già avere le idee chiare.

Claudio Nuonno

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