TERMOLI _ L’ elemento che caratterizza i partiti politici dell’Italia post bellica e’ la struttura interna costituita, normalmente, da organi assembleari elettivi, ai quali viene conferito il compito di dettare l’indirizzo politico e da uffici di segreteria cui e’ invece assegnata la rappresentanza esterna ( politica e tecnica). Questo schema di organizzazione democratica non soffre eccezioni. Esso assegna alla base il compito di individuare, determinare ed eleggere gli organismi collegiali e li legittima sul piano politico, stabilendo regole e indirizzi. Da qualche tempo pero’ si assiste ad un processo quasi di “ribaltamento” di questa logica organizzativa, fenomeno tanto piu’ inquietante, perche’ “personalizzando” eccessivamente il sistema, si rischia di accreditare un modello organizzativo autoreferenziale nel quale il leader detta le regole, le procedure, la linea politica; sceglie, individua, indica, nomina.

In altri termini si sostituisce alla base ed agli organi interni diventando egli l’unico, onnicomprensivo,interlocutore. Ovviamente queste sono considerazioni di carattere generale e valgono per tutte le parti politiche. Per chi, come me ha creduto e crede nel ruolo insostituibile dei Partiti come strumenti di organizzazione e di formazione democratica della classe dirigente, il fenomeno rappresentato crea enorme disagio e forte preoccupazione. Se e’ vero infatti che le idee camminano sulle gambe degli uomini, e’ altrettanto vero che questi sono fisiologicamente volubili e quindi chi esercita ruoli politici di livello apicale ha ancor piu’ necessita’ di muoversi nell’ambito di regole precise, preventive e sopratutto condivise.

Altrimenti il rischio e’ quello di sfociare nell’anarchia o in tentazioni assolutiste. Facciamo un esempio: se il neonato PDL anziche’ farsi interprete di esperienze, culture, soggetti e formazioni diverse, che poi traduce in un contesto di unita’, di arricchimento e di crescita politica, diventasse il partito del leader o di una sola parte del tutto, non solo verrebbe svilita l’idea guida che ha determinato la sua nascita , ma in prospettiva commisurerebbe la sua stessa esistenza a quella del leader o a quella della sola parte che rappresenta. E se gli organismi territoriali periferici, che sono stati “nominati” dagli organi centrali del Partito ( e non invece “eletti” dalla base come sarebbe stato piu’ consono), restassero quelli attuali per lungo tempo , verrebbe definitivamente depressa proprio quella idea di pluralita’ culturale, che caratterizza il PDL come qualcosa di nuovo e di diverso nel panorama politico nazionale.

La distorsione del sistema sarebbe evidente, cosi’ come evidenti sono i segnali, francamente anche questi allarmanti, della carenza di collegialita’ e di dibattito interno tra le varie componenti ( almeno a giudicare da quanto accade nella nostra piccola realta’ regionale). Concludo queste mie riflessioni sottolineando una coincidenza storica : le nomine dei coordinatori e dei vice coordinatori vicari del nuovo Partito degli Italiani ( il PDL) sono state effettuate ( come detto per disposizione “romana”) nell’ aprile del corrente anno e cioe’ 50 anni esatti dopo quell’11 aprile 1959 che ha visto la nascita del disciolto PDIUM, il Partito Democratico Italiano di Unita’ Monarchica. Ebbene, dopo mezzo secolo , dobbiamo constatare con una punta di amarezza, che forse erano piu’ ….democratici i monarchici.
Absit iniuria verbis.

                                                                                                           Oreste Campopiano  
                                                                                                    Segr.reg.le N.PSI – PDL Molise

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2 Commenti

  1. E Maciste?
    Caro amico Tricheco,
    sai quanto apprezzo le tue riflessioni, questa compresa. Tuttavia, più che absit iniuria verbis, direi che andrebbe fatto un nome: apertis verbis. Quello che io, nei miei corsivi, chiamo il senatore Maciste.
    E’ il coordinatore regionale del Pdl, e se non cominciate a contestarlo voi, che nel Pdl ci state, chi deve farlo?. Dite, apertis verbis, che se il coordinatore del Pdl non fosse un “catapultato” (come gli capita spesso di essere) ma uno il cui nome andrebbe scritto su una scheda, probabilmente la sua carriera politica, oltre che essere venuta su dal nulla, vi ritornerebbe pure.
    Bravo Tricheco. Tieni duro.
    Corrado Sala